Una sensazione particolare nella partita vinta in improvvisa rimonta contro il Lokomotiv Mosca che ha fatto esattamente ciò che da qui in avanti ci si deve aspettare all’Allianz Stadium (perché saranno sempre meno, con la stagione che inizierà ad andare verso le necessità di classifica di tutti): ogni volta che Cristiano Ronaldo scende in campo con la maglia della Juventus, è come fosse la prima volta. E se Cristiano non fa il fenomeno - con gol o senza gol - e se Ronaldo non fa l’uomo in più e se Ronaldo non toglie le castagne dal fuoco, ecco che vengono a galla sempre le stesse paure. Le stesse critiche. Gli stessi dubbi. A dimostrazione che CR7 è una cosa enorme, ingombrante, ancora per certi versi incredibile solo a pensarci. Me lo diceva un noto ex direttore di giornali, juventino, in pensione, oggi con la possibilità di seguire la Vecchia Signora senza le morali della professione: “Sai, Luca, ho visto Ronaldo in conferenza. Mi sono detto: ma davvero gioca da noi?”.
E’ stata la notte di Paulo Dybala, e non è stata solo l’innata balistica col mancino della Joya. E’ stata la sua notte perché uno lo ha segnato esattamente alla sua maniera e quello decisivo l’ha siglato con la forza della mente, credendo in quel pallone e mettendolo poi nel sacco anche in questo caso in maniera non banale. Di fianco a Ronaldo - che si inceppa ma che a venti dal termine capisce che non è la sua notte e inizia a giocare totalmente di squadra, defilandosi e mettendosi all’umile servizio - c’è dunque anche colui che fece a fette il Barcellona, conquistò Wembley e Old Trafford e ultimamente anche San Siro. Perché se si inceppa Ronaldo è vero che la Juve vince grazie ai colpi degli altri campioni, ma se sono campioni adesso e non lo erano sei mesi fa è perché intorno c’è una certa atmosfera e una squadra che ti sostiene e che dopo una chance te ne può fornire un’altra. Una certa fiducia, anche.
E qui per primo c’è evidentemente l’entusiasmo della guida tecnica che mette insieme anche un’abilità a noi precedentemente poco nota: far convivere così Dybala e Higuain non era scontato. La loro staffetta intorno a Ronaldo è, se ci pensiamo, quanto di più naturale. E, se si inceppa Cristiano, i primi attaccanti sono tutti gli altri. Si chiama forcing, gli argentini devono fare i finalizzatori. Gli attaccanti arrivano alle spalle, è un mood, uno stato dell’arte: Cuadrado e Alex Sandro per esempio. O le mezz’ali all’arma bianca, fino ad assumerci “tutti i rischi del caso” come ammette Sarri quando sa di puntare sui piedi perché dai piedi nasce il calcio. Non avranno brillato, ma Bentancur-Pjanic-Rabiot era l’unico trittico possibile senza dover toccare il sistema. Perché a Sarri non piace toccare ciò che è stato costruito. Anche quando si inceppa Ronaldo.
Cristiano Ronaldo non può giocarle tutte. Poi pensi che tre giorni prima era imprendibile e magari tre giorni dopo lo sarà ancora. Tra Lecce, Genoa e derby sarebbe forse la prossima quella per rifiatare. Perché allo Stadium se non ci va Ronaldo inizia ad andarci troppa poca gente e perché il derby è magari la partita della prima punizione vincente. Ronaldo si è inceppato e questo fa abbastanza ridere. Un’insufficienza non gli guasterà né l’umore, né la settimana, né la carriera. Ronaldo è quello che per dieci minuti “gli anni iniziano a sentirsi e a vedersi” (cit.) e per gli altri ottanta è l’atleta spietato di sempre. E poi ci pone gli obiettivi, lo ammettiamo candidamente: con lui in campo ci provi per forza. Fino alla fine. Anche quando hai ribaltato in due minuti il risultato. Fino al triplice fischio. Quando Ronaldo si sblocca ed è il primo a esultare. E’ andata così. Il karma a volte è anche saggio e giusto: toccava a Dybala. Era nell’aria da qualche settimana. Avanti il prossimo.