Sicuramente non lo sa quasi nessuno, ma gli iraniani hanno un debole per l'Italia che è la nazionale più tifata dopo quella di casa. Se poi veniamo a scoprire che un regista iraniano ha realizzato un monologo teatrale su un giocatore azzurro, allora capiamo che le due cose un nesso ce l'hanno. E chi è il calciatore protagonista? Cannavaro? Totti? No, è Grosso, personaggio per il quale il calcio è uno strumento di riscatto.
9 luglio 2006, Olympiastadion di Berlino, 18ª edizione della Coppa del Mondo FIFA, finale Italia-Francia, Fabio Grosso sul dischetto. Poi il delirio. Uno dei momenti più indimenticabili del calcio italiano, dello sport italiano e della storia italiana fa da sfondo a una piece teatrale. In Iran. Tutto vero. Ci ha pensato lui, Pourya Kakavand, 27 anni, sceneggiatore televisivo che ha pensato bene di rappresentare a Teheran, precisamente al Nazdik Teatr, locale che sorge vicino al teatro della città diventato ritrovo di artisti indipendenti e intellettuali, la vita dell'ex Inter e Juve.
Fabio Grosso è stato protagonista di una favola diventata realtà: dal Palermo, alla convocazione in Nazionale e infine al tetto del mondo. Ecco il lieto fine del monologo immaginario inscenato da Kakavand, con l'idea del calcio come opportunità di riscatto, dopo momenti difficili: il padre per anni in prigione, una madre che ritrova per qualche tempo la serenità con un altro uomo, l'amore per una giovane francese che gli fa riassaporare la vita e infine la delusione dell'abbandono. Anzi no, riformuliamo: e infine quel rigore nella notte di Berlino.