Barcellona, il trionfo di uno stile

Il secondo triplete è un'impresa che nasce da lontano: possesso palla, pressing, tecnica individuale, velocità e organizzazione

Con stupefacente banalità, gran parte della stampa italiana archivia il secondo triplete del Barcellona -impresa semplicemente straordinaria- intestandola alla superiore qualità dell’organico di Luis Enrique.

Solito discorso: si banalizza per incompetenza o pressapochismo, facendo finta di non sapere che mentre  una vittoria può arrivare anche senza gioco, un ciclo straordinario come quello dei catalani - la squadra più vincente dell’ultimo decennio - si può fare solo se esiste una totale empatia tra giocatori e gioco, e il gioco lo dà l’allenatore. Forse è complicato dover spiegare come mai Luis Enrique, dopo l’esonero subito a Roma, poco più di un esordiente su una panchina tanto pesante, è riuscito nell’impresa, perdippiù con molti dei giocatori catalani che  arrivavano da una stagione deludente e enormemente stressante, culminata nel Mondiale brasiliano. Evidentemente ai più sfugge, o non si vuole ammettere, la superiorità di uno stile di gioco e di una idea che hanno fatto del Barca una  squadra  affascinante, oltrecchè vincente. Probabilmente perché i suoi stilemi di gioco-possesso-palla, pressing, tecnica individuale, velocità e organizzazione sono in totale antitesi con l’idea-base del calcio italiano: il riferimento all’avversario.
Quello di Luis Enrique è infatti il trionfo di uno stile, nato con Cruijff sul finire degli anni ’80, e, grazie alle scelte societarie, proseguito nel tempo con Rijkaard, Guardiola e Luis Enrique: tutti vittoriosi nel nome del calcio di qualità, con il quale il Barca ha ottenuto quasi il 50% dei titoli nazionali in palio dal ’90 ad oggi (12 su 25), 5 Champions League, 4 SuperCoppe Europee, 2 Mondiali per Club: una egemonia mai vista nella centenaria storia del club, conquistata giocando  un calcio divertente e spettacolare. Un calcio diverso nell’interpretazione data dai vari Cruijff, Rijkaard, Guardiola e Luis Enrique, ma uguale nell’idea e nello schema: il 4:3:3, con variazioni al 4:3:1:2, considerato un modulo tattico irrinunciabile se si vuole giocare un calcio divertente e equilibrato. In Spagna lo definiscono “calcio di posizione”, perché prevede uno schema nel quale si formano continui triangoli, dalla difesa sino all’attacco, nel quale il centrocampista basso-Busquets, titolare inamovibile - è il giocatore piu’ importante, e guarda caso piu’ sottovalutato dalla critica italiana: con una grande tecnica, ma senza  velocita’, Busquets, dotato di superiore intelligenza tattica e senso della posizione, è quello che chiama il pressing e gestisce il possesso-palla e i tempi del gioco, il direttore dell’orchestra catalana. Accanto a lui, due fenomenali centrocampisti: Iniesta, forse la mezzala piu’ completa del calcio mondiale, e Xavi, al passo d’addio proprio contro la Juventus, sostituito quest’anno dall’eccellente Rakitic: grazie al loro straordinario contributo, e al continuo movimento di tutta la squadra, il Barcellona riesce quasi sempre ad attaccare 1 contro 1, e a difendere in superiorità numerica. Il suo è un gioco corto e rapido, che vede la costante partecipazione di 7/8 giocatori, e prevede una serie infinita di passaggi palla a terra, grazie al quale si riesce non solo ad attaccare, ma anche a difendere, con grande equilibrio.
Questa idea di calcio esige pero’ grande tecnica individuale e visione di gioco: e qui entra in gioco la “Masia”, il settore giovanile del club, una cantera capace di sfornare gente come Xavi, Iniesta, Puyol, Piquè, Busquets, Guardiola, Fabregas, Thiago Alcantara, Pedro e…Leo Messi. Che della Masia è il prodotto piu’ appariscente, perche’ frutto di un lavoro iniziato su di un bambino che con la palla sapeva fare tutto ma che, senza il Barca, forse oggi sarebbe  semplicemente un bambino non cresciuto. Oggi Messi è il piu’ forte giocatore del Mondo, ha vinto tutto e battuto tutti i record: con la Champions strappata alla Juventus sono infatti 26 i trofei conquistati, tra club e Nazionale. Tuttavia non ha dimenticato chi è, da dove viene, e quello che ha  imparato nella Masia: impeccabile nella vittoria e nella sconfitta. Lo stile-Barca è anche questo: cosi’ si lavora per costruire una squadra vincente e spettacolare, per far si che quelli che amano il calcio si divertano, e quelli che non lo amano comincino a farlo. Per questo, al di la delle prodezze di Messi, Suarez e Neymar, straordinariamente decisivi con i loro 122 gol in tre segnati in stagione, il Barca non è semplicemente una squadra di calcio, ma MES QUE UN CLUB, piu’ di un club.
E il suo è il trionfo di uno stile: da invidiare e - possibilmente - da imitare: sempre che si voglia crescere, invece di rimanere gli entusiasti rappresentanti di un piccolo calcio.