Undici partite non sono poi tante, vero? Su un palinsesto che ne precede 38, beninteso. Ecco. E invece, a inizio novembre, la stagione del Milanista è già inchiodata alle assi di una realtà triste, pesante. La realtà che non ti porterà, salvo eventi clamorosi, a lottare per gli obiettivi sperati, ma soprattutto che consiglierà di guardare dietro più che davanti a sé ancora per lunghe settimane, o chissà – Dio non voglia –, per l’intero campionato. E ancora di scorrere il calendario sapendo che in certe domeniche, contro certi avversari dovrai soprattutto affidarti all’imponderabile che il calcio continua a tenere con sé. Quest'ultimo ragionamento – veramente frustrante per un tifoso, forse la punizione peggiore – è stato fatto da molti rossoneri alla vigilia del trittico Lazio-Juve-Napoli. “Oddio, zero punti”, “io firmo per due pari”, due tra i vari leit-motiv dei vaticini da bar e da social pronunciati persino dai fan che non sono mai stati inclini al pessimismo leopardiano. Anzi. Ma i limiti del Diavolo messo in piedi da Gazidis, Boban, Maldini sono ormai così evidenti che anche il più talebano dei cuori rossoneri capisce che non è il caso di andare oltre alla legittima speranza di sfangarla, in una maniera o nell'altra.
Bello, bellissimo sarebbe stato per tutti essere recisamente smentiti dai fatti: e invece la sentenza di primo grado sull’inadeguatezza di questo Milan è stata sancita dalla Lazio dopo una partita in cui, per larghi sprazzi del primo tempo e dell'inizio della ripresa, si era finalmente visto qualcosa che somigliasse a una buona squadra di calcio. Dinamismo da parte dei nuovi, un centrocampo più mobile e fresco (Bennacer e Krunic, ma anche Calhanoglu), un diverso atteggiamento generale intorno al match, un po' di grinta, la voglia di giocarsela della gran parte dei rossoneri in campo.
La piccola illusione sansiresca è durata 60-65 minuti: poi si sono accese le spie della riserva dei citati mediani che stavano tenendo in piedi la squadra, Don Pioli ha sbagliato un cambio importante (un indolente e fuori posto Leao al posto di Paquetà, vacuo e sparito dal gioco) ed è arrivata l’ennesima mazzata letale degli ultimi minuti, quando poi non c'è più tempo ed energia per rimettere insieme le cose. E buonanotte. Il gol-killer di Correa è davvero la sintesi delle tante, troppe e probabilmente insanabili lacune di questa squadra, un mix di errori tecnici individuali e di deconcentrazione, di una debolezza mentale che non prevede, mai, in ogni caso, l'aderenza totale a quanto sta succedendo in campo: un rinvio lungo, tre (milanisti) contro l'unico attaccante rimasto sul terreno, una prima respinto affannosa, lo spazio lasciato in mezzo al campo e sfruttato da Luis Alberto, la non-copertura, il movimento difensivo sballatissimo su di lui e su Correa, liberissimo di dettare l'assist e segnare in relax.
Un cocktail di amnesia, stanchezza e limiti bevuto e non smaltito per l’ennesima volta, un cocktail che stava per essere servito in diverse altre occasioni in cui la squadra è parsa fragilissima proprio nei momenti cui sta cercando di fare la partita, di produrre qualcosa davanti. E a questo proposito, va anche sottolineato come la “montagna” (ehm) della prima ora di match abbia partorito il topolino di un autogol: anche qui, per la combo tra conclusioni sballate o fiacche, costanti perdite dell’attimo buono per la giocata, stop sbagliati, movimenti tardivi. Ancora troppo soffice, troppo debole, il Milan Piolista: e si badi, non è solo colpa dell'allenatore; ma è inevitabile in questo momento, di fronte a sconfitte in serie di questo tipo e a problemi evidentemente strutturali, che il pensiero vada al Diavolo brutto (mica sempre), ma certamente un po' più cattivo di Rino Gattuso. Che evidentemente aveva scannerizzato alla perfezione questi uomini, i loro piedi, le loro teste e aveva optato per il massimo ottenibile di concretezza. Tanto, di spettacolo, non ce ne sarebbe stato comunque.
La leggerezza del Milan è insostenibile, proprio come quella evocata dal famoso libro di Kundera: che non casualmente si chiamava proprio Milan. Domenica, la prossima tappa della sofferenza è targata Juventus. E non resta che ricordare il nostro Paròn, Nereo Rocco. “Vinca il migliore”. “Ciò, speremo de no”.