Alla fine degli anni '90, la Volkswagen era sinonimo di affidabilità e concretezza grazie a modelli come Golf e Polo, ma al timone c’era Ferdinand Piëch, un ingegnere con un piano ambizioso volto a elevare il gruppo nell'olimpo delle supercar. Per realizzare questa visione non bastava l'acquisizione di marchi prestigiosi come Bentley, Lamborghini e Bugatti, ma serviva una dimostrazione di forza tecnica interna, un motore che nessuno avesse mai osato costruire prima.
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Il W12
Piëch desiderava un 12 cilindri, ma le configurazioni a V tradizionali risultavano troppo lunghe per le piattaforme a trazione integrale che aveva in mente. La soluzione fu un autentico colpo di genio ingegneristico: unire due motori VR6, i celebri 6 cilindri a V stretta della casa tedesca, su un unico albero a gomiti. Il risultato fu il motore a W, un'unità estremamente compatta, grande quanto un V8 ma dotata della potenza e della fluidità di un 12 cilindri.
Italia e Germania
Sebbene il concetto fosse apparso inizialmente nel 1997 con la W12 Syncro disegnata da Giorgetto Giugiaro, fu nel 2001 che l'auto entrò nella leggenda. Volkswagen portò l'evoluzione finale del prototipo, battezzata W12 Nardò, sull'anello di Nardò in Puglia per dimostrare la qualità di questa complessa meccanica. Le prestazioni furono spaventose per l'epoca. Spinta da un motore 6.0 litri da 600 cavalli, nel 2002 l'auto riuscì a percorrere oltre 7.700 chilometri in 24 ore consecutive, mantenendo una velocità media, soste incluse, di 322,89 km/h. La vettura girò ininterrottamente per un giorno intero senza il minimo cedimento, frantumando ogni record mondiale di velocità sulla distanza.
Oltre ogni limite
La W12 non entrò mai in produzione di serie, rimanendo una show car e un laboratorio su ruote, ma il suo scopo era stato pienamente raggiunto dimostrando che l'architettura a "W" poteva reggere stress termici e meccanici estremi. Proprio da qui nasce la Bugatti moderna. Quando Piëch decise di rilanciare il marchio francese, voleva una vettura da 1000 cavalli, un traguardo irraggiungibile per un V12 classico o troppo ingombrante per un V12 turbo. Sfruttando l'esperienza e i dati telemetrici raccolti con la VW W12 a Nardò, gli ingegneri compirono il passo successivo unendo due motori VR8 per creare il mostruoso W16.
Grazie a lei ora c'è Bugatti
Senza la VW W12 Nardò a fare da cavia sacrificale per testare il raffreddamento e la gestione di un monoblocco così complesso, il motore della Bugatti Veyron non sarebbe mai stato possibile. Oggi quella vettura riposa nei musei, ma la sua eredità ha vissuto nelle Bentley Continental GT, che hanno usato il W12 per due decenni, e soprattutto nelle hypercar Bugatti come Veyron, Chiron e Tourbillon, la cui esistenza dipende direttamente da quella scommessa tecnica vinta su una pista pugliese.