Rinus Michels, un ottimo centrattacco ma non sicuramente a livello internazionale, era stato colui che aveva creato il grande Ajax a cavallo degli anni Sessanta/Settanta. Una macchina da gioco che beneficiava del talento, della velocità, della tecnica, di quel giovane e ossuto attaccante che sapeva calciare quasi esclusivamente - ma splendidamente - di destro, con l’interno, con il collo, con l’esterno: Johann Cruyff.
Stava all’Ajax come Pelè al Santos, come Eusebio al Benfica, come Di Stefano, qualche anno prima, al Real Madrid. Come poi Maradona al Napoli o Platini alla Juve. Il calcio, in quegli anni, stava cambiando, e lui e i suoi compagni avrebbero contribuito a renderlo diverso dal passato, creando un ipotetico ponte verso quello di oggi. Ma Cruyff, a mio giudizio (molto di parte), rimane il più grande perché ha saputo essere innovatore e vincente, attraverso la grande bellezza del suo calcio, anche standosene seduto in panchina. Cosa che agli altri, invece non è riuscita.
Da giocatore era stato il mio idolo e a fine carriera avevo avuto l’onore e il piacere di conoscerlo quando nel 1981 era stato in campo qualche minuto con la maglia del Milan nella prima edizione del Mundialito di Canale 5. Una conoscenza (dire amicizia sarebbe veramente troppo) durata negli anni e che mi sarebbe servita per cercare di carpirgli qualche confidenza, qualche segreto, qualcosa in più sulla sua filosofia di tecnico. Lo ritrovai ad Atene alla guida di quell’Ajax con Van Basten centravanti, vittorioso nella coppa delle Coppe del 1987. Giocava con un modulo - era il 3-4-3 - tutto a triangoli, con due attaccanti esterni molto larghi, con una punta centrale che permetteva gli inserimenti di un’altra punta che giocava alle sue spalle e con una difesa che accettava rischiosamente l’uno contro uno.
“In fondo - mi disse un giorno mentre era già sulla panchina del Barcellona- io ho in campo ben tre difensori. E visto che in questo calcio nessuna gioca con più di due attaccanti, mi pare che i miei bastino e avanzino”. Una filosofia sposata in pieno dai suoi giocatori dell’epoca, in primis Bakero e Pep Guardiola, e proprio quest’ultimo ispirandosi al suo grande maestro avrebbe dato il là a quel calcio impossibile chiamato tiki-taka.
Avevo iniziato parlando di Rinus Michels, l’inventore di quell’Ajax e dell’Olanda, poi ribattezzata ”Arancia Meccanica”.Cruyff, altro rarissimo esempio di centrattacco divenuto poi allenatore, ha saputo superarlo: modificando il suo Ajax, inventando un nuovo Barcellona, diversissimo dal passato, creando l’idea di un calcio bello, offensivo e al quale si sono ispirati coloro che sono venuti dopo. Ed è perciò che Giovannino Cruyff non sarà mai dimenticato.
Cruyff, il più grande di sempre: innovatore e vincente in campo e in panchina
Ecco perché l'olandese ha rivoluzionato il calcio
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