La Premier League si era schierata con forza dalla parte del "remain". Gli appelli, su tutti quelli di David Beckham, non hanno funzionato. Il popolo della Gran Bretagna ha scelto: BREXIT. E adesso cosa succederà a livello calcistico? Come cambiano gli scenari legati ai giocatori extracomunitari, al calciomercato, al potere d'acquisto dei club inglesi? L'analisi è più complicata di quanto si possa pensare e riguarda differenti aspetti.
La prima conseguenza del voto è stata la svalutazione della sterlina, soprattutto nei confronti del dollaro più che dell'euro. Ciò significa che per i club di Premier League sarà più difficile ingaggiare giocatori, perché il prezzo per le società d'oltremanica sarà più alto. Il prezzo di Pogba, quindi, potrebbe per esempio crescere da 120 milioni a 160 milioni: un aumento da 40 milioni. Un aumento solo per i club del Regno Unito. Stesso discorso per gli ingaggi di giocatori del vecchio continente, se discussi in euro piuttosto che in sterline. Allo stesso modo, potrebbe risultare più economico per i club europie andare ad acquistare giocatori dalla Premier League.
Al momento, circa il 65 percento dei giocatori della Premier League arrivano da fuori del Regno Unito. Al momento i club inglesi sono liberi di ingaggiare giocatori con passaporto europeo a causa delle leggi sulla libera circolazione dei lavoratori. Il Brexit apre differenti scenari
- Il caso migliore per la Premier League è che il Regno Unito rinnovi i propri accordi con l'Unione Europea per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori. In questo caso non cambierebbe nulla.
- Il caso peggiore è che tutti i giocatori europei vengano considerati extra-comunitari. Si dovrebbe perciò applicare loro le regole che al momento consentono ai club britannici di ingaggiare i giocatori extracomunitari, ovvero: per giocare in Premier League e ciò ottenere un permesso di lavoro, il giocatore deve aver disputato una percentuale delle partite della propria Nazionale negli ultimi 2 anni.
Le percentuali sono legate anche al ranking Fifa: il giocatore deve aver disputato:
- il 30% di presenze se la propria nazionale è tra 1-10° posto nel ranking Fifa
- il 45% di presenze se la propria nazionale è tra 11-20 posto nel ranking Fifa
- il 50% di presenze se la propria nazionale è tra 21-30 posto nel ranking Fifa
- il 75% di presenze se la propria nazionale è tra 31-50 posto nel ranking Fifa
Tenendo conto di questa possibilità, su 161 giocatori stranieri in Premier League solo 50 otterrebbero il permesso di lavoro. Tra i 111 "esclusi" ci sarebbero nomi di grido:
CHELSEA: Zouma, Azpilicueta
ARSENAL: Bellerin, Coquelin
MANCHESTER UNITED: De Gea, Mata, Scheiderlin, Martial
MANCHESTER CITY: Mangala, Navas, Nasri
LIVERPOOL: Mignolet
LEICESTER: Kanté
WEST HAM: Payet
È chiaro che la FA studierà e negozierà una nuova regolamentazione, o confiderà nel fatto che la Gran Bretagna punterà a rinnovare le regole sulla libera circolazione dei lavoratori. Altrimenti, come detto, nel peggiore dei casi, questi giocatori sarebbero molto appetibili sul mercato da parte di club spagnoli, francesi, tedeschi e italiani.
Secondo le regole della Fifa, i trasferimenti internazionali di giocatori sotto ai 18 anni sono proibiti. Queste regole non vengono applicate ai giocatori tra i 16-18 anni trasferiti all'interno dell'Unione Europea. Perciò si potrebbe configurare l'impossibilità per i club di Premier di ingaggiare giovani promesse europee. Con questo scenario sarebbe stato impossibile per l'Arsenal, ad esempio, ingaggiare, giovanissimo, Cesc Fabregas. O Paul Pogba per il Manchester United.
Nulla è certo, si possono solo fare ipotesi e prendere ad esempio situazioni già esistenti. Molti giocatori sudamericani sfruttano una scappatoia per trasferirsi in Premier League: prendono passaporti spagnoli o portoghesi se i propri genitori arrivano da quei paesi o hanno la residenza in paesi dell'Unione. Di Maria e Diego Costa hanno usato questa scappatoia.