Italia, la rivoluzione di Mancini è nelle idee
Gli uomini schierati dal nuovo ct sono gli stessi usati da Ventura due anni fa, eppure i risultati sono opposti
Dal mancato Mondiale all’approdo a Euro 2020 con 9 vittorie su 9 nel girone di qualificazione. In due anni è cambiato tantissimo, eppure (sorprendentemente) poco in fatto di giocatori. Se prendiamo in ocnsiderazione gli uomini impiegati da Mancini in Bosnia, subentrati compresi, scopriamo che quelli in comune con il gruppo di Ventura battuto negli spareggi dalla Svezia sono addirittura 8: Donnarumma, Florenzi, Bonucci, Jorginho, Bernardeschi, El Shaarawy, Belotti e Insigne. Non fossero ko, a Zenica ci sarebbero stati anche Chiellini e Verratti. e con Immobile, punto fermo dell’Italia di Ventura in panchina contro la Bosnia, siamo a 11 elementi in comune tra le due nazionali. La rivoluzione invocata dopo il flop di due anni fa non è quindi negli uomini, o lo è solo in parte. E piuttosto nelle idee.
Punto primo: Mancini ha tolto a chi entra nel ritiro azzurro un bel po’ di pressione. mai visto un doppio allenamento (motivo per cui Barzagli e Ventura litigarono nella settimana che portava a Spagna-Italia 3-0), a livello fisico si lavora soprattutto sul mantenimento, dando per assodato che la condizione di base dei giocatori sia garantita dal lavoro nei club, e Coverciano non è vissuto come un bunker accerchiato da spie. "Mancini ci trasmette entusiasmo - ha dichiarato Florenzi - . Ci concede sempre quella serata libera nell'arco del ritiro che ci permette di stare insieme e di sentirci più leggeri. Umanamente il mister è uno dei migliori che abbia mai incontrato".
Punto secondo: Mancini ha scelto di ripartire dal talento, senza troppi ragionamenti collaterali. Quindi: Zaniolo va in Nazionale prima di esordire in Serie A; Barella diventa titolarissimo anche se è giovane e ha poca esperienza; idem per Chiesa già lanciato da Di Biagio; spazio a Sensi; Tonali un anno fa è stato inserito nel gruppo nonostante giocasse ancora in B e ora ha almeno un piede all’Europeo. E se Jorginho e Verratti hanno piedi buoni, la costruzione del gioco va affidata a loro: nasce così l'idea del doppio playmaker in fase di possesso palla.
Punto terzo: atteggiamento e mentalità. Giocare a calcio sempre e comunque, attaccare con tanti uomini e aggredire per recuperare palla nella metà campo avversaria, zona che bisogna occupare stabilmente. In questo senso i gol di Acerbi e Insigne contro la Bosnia sono un manifesto dell’Italia di Mancini. La rete del laziale nasce da un'azione che coinvolge florenzi (terzino), Bernardeschi (ala), Barella (centrocampista) e appunto Acerbi (difensore centrale). Ancora più emblematico il 2-0 firmato dall'attaccante del Napoli: sulla trequarti bosniaca palla a Kolasinac, che la perde attaccato alle spalle da Belotti e raddoppiato frontalmente da Bernardeschi, con Barella in zona pronto a ricevere per rimettere subito in azione il "Gallo" che confeziona l'assist per Insigne.
Non era facile ricostruire in cosi poco tempo, o forse, a sentire Mancini, lo era ("I giocatori bravi ci sono, e se sono bravi non è così difficile farli giocare").