La seconda vita di Castan

Il difensore racconta il suo ritorno al calcio dopo l'operazione al cervello: "Ho avuto paura di morire, ora voglio battere la Juve nel derby"

Sono passati più di due anni da quella partita a Empoli dove Leandro Castan capì che sarebbe cambiato tutto. Uno dei migliori difensori del campionato che vaga disorientato per il campo. Il responso è drammatico. Il giocatore della Roma ha un cavernoma al cervello. E ora che è tornato ai suoi livelli il centrale brasiliano si racconta a La Repubblica e dice: "Pensavo di morire, ora sono nel posto giusto. Voglio restare a lungo al Torino". 

Ora che il periodo più duro è alle spalle Castan racconta: "Ero uno dei cinque difensori più forti della serie A, poi all’improvviso sono diventato un ex giocatore con la paura di morire. Ora che tutto è passato so di avere una nuova consapevolezza".

Il calvario comincia nell'autunno del 2014: "Giochiamo a Empoli, ma vengo sostituito: ho le vertigini, sto male. Le cose peggiorano nelle settimane successive: non mi reggevo in piedi, vomitavo di continuo. D’accordo con la Roma parlammo di malanni muscolari, ma stavo a pezzi. Persi quasi 15 chili, ero terrorizzato. Mi stavo convincendo che sarei morto, continuavo a sottopormi a visite e controlli. La stessa mattina in cui me ne parlarono mia moglie scoprì di essere incinta della nostra bambina. Il medico disse che senza intervento chirurgico non avrei più potuto giocare. Ma io volevo solo tornare in Brasile, mollare tutto. Ero confuso".

Soon giorni di dubbi ma poi Castan riprende in mano la sua vita: "Presi una settimana per pensarci. Ti passa ogni cosa per la testa in quei momenti. La paura si moltiplica. Altri medici confermarono: l’operazione era l’unica soluzione. E io accettai, per tornare a giocare. Ricordo il terrore in ospedale, la sera prima dell’intervento. Al risveglio sentivo tutto, ma non riuscivo a muovermi. Mia moglie era lì, al mio fianco. Due giorni in terapia intensiva: i più duri della mia vita. Ripetevano che l’operazione era riuscita, ma io mi chiedevo se sarei davvero tornato come prima".

I dubbi si moltiplicano con il ritorno in campo, il recupero è lento difficile: "Volevo dimostrare che non avevo paura di giocare, dopo aver superato quella di morire. E il campo mi mancava troppo. Quando tornai ad allenarmi venivo regolarmente saltato, era frustrante. In realtà mi serviva tempo. Avevo bisogno di fiducia: quella che ho ritrovato qui al Torino. Qui si è creata l’alchimia giusta tra di noi. Vogliamo l’Europa. E vorrei restare a lungo in granata. Penso di essere nel posto giusto: sto scoprendo l’amore dei tifosi, la loro passione è speciale". E per questo il sogno sarebbe un regalo nel derby: "Vogliamo vincerlo. E lo dico nel rispetto della Juve, squadra fortissima di campioni veri. Ma in campo si va in 11 contro 11: può succedere qualsiasi cosa…".