Prima il sogno Barcellona sfumato per il muro eretto dal Psg, con il conseguente cambio di agente (dal fedele Di Campli a Mino Raiola) seguito da un inizio di stagione sottotono con i francesi e per finire la prestazione flop del Bernabeu contro la Spagna, dove è stato il peggiore in campo, schiacciato dal ritmo e dalle giocate degli iberici. Per Marco Verratti l'estate del 2017 è stata davvero movimentata e, per sua fortuna, è anche quasi finita.
"L'estate sta finendo e un anno se ne va" cantavano nel 1985 i Righeira. "Per fortuna" aggiungerebbe se potesse Marco Verratti, il cui 2017 è stato (finora) tutt'altro che da incorniciare. Si è partiti con l'umiliazione in Champions League contro il Barcellona (l'1-6 del Camp Nou, dopo il 4-0 di Parigi, è entrato negli annali del calcio mondiale), a cui ha fatto seguito il secondo posto in campionato alle spalle del Monaco e si è arrivati all'estate più movimentata della sua carriera. Verratti voleva a tutti i costi il Barcellona, sentimento ricambiato dai catalani, ha pregato il Psg di lasciarlo andare, ma gli sceicchi si sono messi di traverso, rifiutando i 100 milioni di euro dei catalani. Così il centrocampista abruzzese è stato costretto a rimanere all'ombra della Tour Eiffel, una prigione dorata ma pur sempre una prigione, incatenato a un contratto fino al 2021. A sue spese il povero Marco ha capito cosa vuol dire avere a che fare con i ricchissimi sceicchi: spese folli e soldi a volontà da un lato, niente possibilità di fuga a meno che non siano loro a concedertela il rovescio della medaglia.
Il mancato passaggio al Barcellona ha lasciato il segno nel giocatore sia fuori che dentro il campo. Il lungo braccio di ferro con i parigini è costato la procura al suo storico agente, Donato Di Campli, che ha pagato alcune dichiarazioni di inizio luglio ("Marco ora è come se fosse in prigione al PSG. È un prigioniero dell’emiro. Non vogliono cederlo al Barcellona"). Una sparata dalla quale Verratti si è dovuto dissociare chiedendo pubblicamente scusa al club e prendendo poi la decisione di affidarsi a Mino Raiola. In campo, poi, mentre la marcia del Psg (4 vittorie su 4 in Ligue 1) è da favola, non altrettanto si può dire delle sue prestazioni. L'espulsione con il Tolosa (doppia ammonizione) ha fatto storcere il naso ai media e ai tifosi.
Rimaneva la Nazionale, con Ventura che gli ha consegnato le chiavi del centrocampo nella gara più importante e difficile della stagione. Bocciatura piena e meritata, anche se il 4-2-4 suicida del ct non lo ha di certo agevolato. Al Santiago Bernabeu mentre Isco si travestita da mago, Verratti assisteva impotente come uno spettatore non pagante ai numeri e magie che i tifosi azzurri sognavano uscissero dai suoi piedi. Poca personalità e mancanza di fame e carattere: l'occasione per zittire i critici (soprattutto transalpini) è stata gettata al vento. Verratti è uscito da quello stadio in cui sognava di entrarci da rivale con la maglia del Barcellona ancora un po' più piccolo del suo metro e 65 centimetri: a testa bassa, schiacciato dalle critiche e dalle Furie Rosse.