Un anno senza Europa. E' questo il verdetto della Commissione Giudicante della Uefa, che non ha fatto sconti ai rossoneri infliggendo alla società di Yonghong Li la sanzione temuta, fuori dall'Europa League 2018-'19. Una botta tremenda, non ovviamente un fulmine a ciel sereno: il Milan potrà rivolgersi al Tas di Losanna per provare a salvare il suo futuro sportivo invocando una punizione meno severa.
Questo il comunicato Uefa: "La camera giudicante dell'Organo di Controllo Finanziario per Club (CFCB), presieduta da José Narciso da Cunha Rodrigues, ha preso una decisione sul caso AC Milan a seguito del rinvio del responsabile della camera di investigazione CFCB per la violazione delle norme del fair play finanziario, in particolare per la violazione della regola del pareggio di bilancio (break-even rule). Il club non potrà partecipare alla prossima competizione UEFA per club a cui è qualificata nelle prossime due (2) stagioni (una competizione sola nella stagione 2018/19 o in quella 2019/20, in caso di qualificazione). Contro questa decisione è possibile presentare ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport, secondo l'Articolo 34(2) del regolamento procedurale che governa l'Organo di Controllo Finanziario per Club UEFA, e secondo gli Articoli 62 e 63 degli Statuti UEFA. Le motivazioni della decisione verranno pubblicate su UEFA.com a tempo debito".
La lettura del dispositivo, non chiarissimo nel formulare la sanzione, ha indotto al dubbio se le stagioni senza Europa fossero una o due. Chi ha creduto a due anni di squalifica, chi ha compreso che si trattava di una sola stagione. Perché questo fraintendimento? Spieghiamo: lo stop è di un anno, ma il periodo in cui questa squalifica deve essere scontata è di due anni. Ovvero: se il Milan non si fosse qualificato quest'anno -come invece è successo grazie al sesto posto in Serie A-, allora avrebbe scontato la pena nella stagione 2019-'20. Ma visto come sono andate le cose, la sanzione sarà scontata subito. L'Uefa poteva anche evitare questo ghirigori di possibili interpretazioni, ma il linguaggio burocratico ha le sue regole. E non è facile capirlo al volo.
E adesso cosa può accadere a Losanna? Tutto è legato alla trattativa per la cessione del club e all'urgenza, a questo punto, che la proprietà cinese passi la mano entro pochi giorni. Innanzitutto per un motivo: il Tas non ammette la presentazione di ulteriori prove difensive a meno che queste, assenti nel dibattimento con la Uefa, non dipendano da fattori terzi. In altre parole: l'unica possibilità che ha il Milan di cambiare le carte in tavola è dimostrare, nei fatti, che esiste una nuova proprietà in grado di assicurare la continuità aziendale e di estinguere il debito con Elliott. In certo senso, se questo accadesse, il Tas potrebbe perfino decidere di rendere nulla la sentenza Uefa riportando i rossoneri in Europa o, almeno, di ridurre l'entità della pena.
Ma questo, è evidente, è un discorso prematuro. In questi giorni che sono caldissimi e in qualche modo storici per il Milan, resta l'umiliazione di una sentenza che condanna la società intera. Non è il punto più basso toccato dai rossoneri - non paragonabile ovviamente al fallimento Farina del 1985 o alla doppia Serie B del 1980 e 1982-, ma è senza ombra di dubbio uno dei momenti più bui della sua storia. Che si consideri troppo severa la sentenza Uefa oppure no. Ha davvero poca importanza. In tutto questo, e con la speranza del popolo milanista che si passi a una proprietà nuova e più solida - Commisso o i Ricketts o chissà chi - il pronunciamento del Tas avrà un impatto importante anche sul futuro strettamente sportivo del Milan.