Running, la passione dell’età adulta: cominciare a correre è positivo, ma con le giuste precauzioni

Spesso rifiutata in età giovanile, la corsa conquista sempre più appassionati tra gli over 40

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Tempo fa si correva perché si era giovani oggi si corre per tanti motivi, anche per rimanere giovani.
L’evoluzione medico-culturale ha portato a comprendere meglio l’importanza del movimento come stile di vita.

L’età cruciale sono i quarant’anni. Una visita dal medico di famiglia che riscontra il colesterolo alto ed un peso che non rientra più in parametri accettabili: l’invito è quello di svolgere un’attività aerobica. La corsa risulta l’alternativa più attraente per questioni di tempo, di immediatezza, di risultati, di compagnia. A volte disdegnata e addirittura rifiutata in gioventù, la corsa viene oggi scoperta come risorsa in età adulta. E spesso si tramuta in autentica passione.

Luca De Ponti
, ortopedico di riferimento per numerosi atleti, ci spiega come cogliere il beneficio psichico e fisico della corsa senza inciampare in fastidiosi infortuni.

Il medico sportivo rappresenta il medico di base per chi vuole fare sport con una certa serietà. Per chi corre poi è importante non trascurare l’aspetto ortopedico- biomeccanico che vuol dire cercare di non farsi del male con una pratica bellissima.
Correre ha le sue regole che vanno rispettate e la ricerca del giusto assetto, il corretto appoggio del piede, l’equilibrio muscolare risultano determinanti se si vuole continuare con costanza.

Come tutte le attività sportive anche la corsa deve essere affrontata in modo graduale. Il corpo deve avere tempo e modo di assorbire e metabolizzare i cambiamenti. Soprattutto quando si decide di passare a lunghe distanze, come la maratona.

Da un punto di vista ortopedico-biomeccanico la maratona non è uguale per tutti ed è ben diverso “stare sulle gambe” poco più di due ore come gli atleti di vertice piuttosto che 4/5 ore ovvero più del doppio come gli amatori.
Correre una maratona molto lentamente amplifica di molto le possibilità di infortunio: aumentando i tempi di appoggio del piede si creano una serie di condizioni sfavorevoli che portano a sindromi da sovraccarico funzionale che spesso diventano veri e propri infortuni

L’evoluzione della calzatura ha portato ad una maggiore protezione con effetti antitraumatici. Vi sono poi altri aspetti non trascurabili come il numero dei chilometri percorsi. Le tabelle di allenamento hanno portato ad una razionalizzazione ma anche alla voglia di migliorare in fretta: si tende così a bruciare i tempi passando da una tabella ad un’altra più impegnativa con eccessiva leggerezza.

Gli atleti e i praticanti leggono molto, si documentano ed allora il primo rimedio risulta essere spesso un fai da te che non sempre va a buon fine. Vi sono molte sfumature dell’infortunio che per forza di cose vanno interpretate dal medico e molto spesso ricorrere a lui dopo aver ascoltato i consigli di persone non propriamente qualificate costituisce una perdita di tempo ed una pianificazione tardiva del recupero.

La scelta della terapia inoltre dipende da una diagnosi precisa e puntuale. Anche la decisione di sospendere o meno gli allenamenti non deve arrivare solo quando non è più possibile fare diversamente perché in questi casi si è già arrivati ad un danno significativo che sarebbe meglio evitare.

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