Avere un talento sconfinato, diventare il più giovane giocatore della storia del calcio inglese a vestire la maglia della Nazionale, vincere il Pallone d'Oro a 21 anni, eppure chiudere con il calcio con la sofferenza nel cuore (e nel fisico). Michael Owen, ex fuoriclasse del Liverpool (e poi protagonista - con differente fortuna - con le maglie di Real Madrid, Newcastle, Manchester United e Stoke City), ha rilasciato una lunga intervista con la quale ha ammesso il suo dramma: "Per sei o sette anni ho odiato il calcio, non vedevo l'ora di ritirarmi - ha detto a BT Sport -. Non ero io quello che andava in campo".
"Quando mi sono fatto male agli adduttori, la mia carriera è finita - ha ammesso il Pallone d'Oro 2001 - Ero pietrificato, sapevo che potevo strapparmi un muscolo. La cosa peggiore è che il tuo istinto ti dice di fare quello che hai fatto per tutta la vita, ma poi inizi a pensare 'no, non farlo'".
"Non ero più quello che segnava gol come quello all'Argentina. Al tempo saltavo gli avversari, scattavo negli spazi, crossavo. Quello ero io - ha poi proseguito Owen -. Sono nato per essere un calciatore, e invece mi ricordo delle volte in cui avevo paura che un compagno mi lanciasse in profondità. Pensavo sempre: 'No, non farlo, ti prego, giocala corta'".
Dopo André Gomes e Per Mertesacker, quindi, un altro calciatore ha avuto il coraggio di raccontare le proprie debolezze. Oggi fa il commentatore televisivo, e il campo di gioco resta solo un lontano ricordo. Un brutto ricordo.