Kathleen è americana, ha lo sguardo fisso davanti a sé e forse sta pensando ad Emil e Finn, i suoi due gemelli di quattro anni e mezzo. Barbora viene da a Brno, Repubblica Ceca: sta seduta per terra, la schiena appoggiata alla libreria ed abbraccia il suo cucciolo di husky dagli occhi di ghiaccio. Nell'atrio del Centro Polifunzionale della Montagna di Filorera, Kathleen e Barbora - insieme a decine di altri skyrunners da tutto il mondo - attendono con impazienza la decisione sul destino del Trofeo Kima Val Masino 2018.
La giornata si preannuncia splendida ma la partenza (prevista alle 6 e 30) è stata rinviata. C'è il rischio concreto che non si possa correre sul percorso integrale dei 52 chilometri per 8400 metri di dislivello del Sentiero Roma, il famoso itinerario escursionistico che unisce i rifugi della testata della Val Masino: una traversata in quota che prevede la scalata (e la successiva, insidiosa discesa) di sette passi rocciosi e che ad un escursionista ben allenato richiede dai tre ai cinque giorni di cammino. Gli atleti di punta del Trofeo la completeranno invece in sei-otto ore, con un tempo massimo di undici. Ma il ghiaccio che si è formato nella notte rappresenta un grosso rischio per gli atleti ed il fortissimo vento da nord potrebbe impedire all'elicottero di operare in alta quota per eventuali missioni di soccorso.
Kathleen e Barbora aspettano quasi immobili, decise a non perdere la concentrazione, visibilmente determinate ed altrettanto serene. Altri come loro attendono: qualcuno dormicchia con la testa fra le ginocchia, qualcuno stringe la fidanzata. Altri ancora siedono incolonnati uno dietro l'altro sui gradini di una rampa di scale. Se tutto va come deve andare tra qualche ora faranno la fila su ben altre rampe. Molti siedono ai tavolini del bar, altri se ne stanno in piedi tutto il tempo a raccontarsi le loro ultime gare ed a scambiarsi consigli ed informazioni su qualche passaggio del Kima, provato cinque o sei giorni prima. Poi arriva il momento di tornare sul grande prato che ospita il villaggio gara e la zona di partenza e arrivo. Esperto di elisoccorso in alta ed altissima quota, impegnato in Nepal nella stagione delle spedizioni sugli Ottomila della Terra, il pilota valtellinese Maurizio Folini ha dato il via libera: si corre sull'itinerario originale!
La notizia è accolta con un'esplosione di entusiasmo dai trecento skyrunners ed alle otto e dieci il Kima ha inizio. Attraversato il ponte sul torrente Masino gli atleti si lasciano qualsiasi occupazione "terrena" alle spalle e vengono inghiottiti dal bosco che presto diventerà foresta, poi prateria alpina, pietraia, roccia. Fatica soprattutto. A metà mattina salgo sull'elicottero di Folini insieme all'instancabile Maurizio Torri di sportdimontagna.com e a Roberto Moiola dell'agenzia fotografica ClickAlps. Sorvoliamo la Bocchetta Roma, dove la corsa entra nel vivo, poi atterriamo (si fa per dire) nella selvaggia Val Qualido. Saltiamo giù e ci prepariamo ad "accogliere" gli atleti di punta. Passano Alexis Sevennec e Kilian Jornet. Si danno il cambio e si spingono a vicenda. Nemmeno sulle roccette attrezzate con catene del Passo Qualido lì sopra smettono di corricchiare.
Solo intorno al quarantesimo chilometro (tre quarti di gara) Kilian staccherà in discesa Alexis per andare a vincere il suo quarto Kima. Assistiamo al passaggio dei loro inseguitori mentre risaliamo a nostra volta le roccette del passo, per poi ridiscendere sul versante opposto dove ci raggiungono anche le prime atlete. Davanti a tutte c'è già l'ameticana Hillary Gerardi che però, per festeggiare la vittoria, dovrà vincere la resistenza della sudafricana Robyn Owen. Prima del ritorno dell'elicottero che verrà a prelevarci per tornare a fondovalle facciamo in tempo a scorgere la sagoma ambrata di Mira Rai, la fortissima ragazza proveniente da un minuscolo villaggio sulle montagne nepalesi. Arruolata ancora quattordicenne dall'esercito maoista ribelle al governo del suo Paese, Mira si è poi scoperta skyrunner quasi per caso e da allora la sua ascesa ai vertici mondiali della specialità non ha conosciuto soste. All'arrivo mi renderò conto che è proprio lei la beniamina del pubblico del Kima: applausi a scena aperta! Di nuovo al campo base, in meno di un'ora siamo già praticamente pronti per il trionfale arrivo di Kilian tra due ali di folla e - nemmeno tre minuti più tardi - per quello di Alexis.
Le loro espressioni tradiscono la fatica estrema, già sovrastata però dalla soddisfazione e e dal sollievo. Una sorsata d'acqua, i complimenti reciproci, poi i due .... ripartono percorrendo a ritroso la retta d'arrivo per concedersi agli appassionati: dando cinque, stringendo mani, rassegnandosi docilmente agli inevitabili selfies. Poco più di un'ora dopo tocca ad Hillary, Robyn e Mira affacciarsi sul ponte sul Masino attraversato in senso opposto alle otto del mattino e piombare sulla linea d'arrivo in un fazzoletto di minuti l'una dall'altra. Ma lo spettacolo, in un certo senso, deve ancora cominciare.
Con il passare delle ore e l'avvicinarsi del tempo massimo delle sette e dieci di sera, ogni arrivo sul traguardo fa storia a sé perché, con i primi già sotto la doccia e poi addirittura alla cerimonia delle premiazioni, ogni atleta "umano" che porta a termine la prova rappresenta una storia unica e segreta. Di sacrificio, fatica, sfinimento e passione. Due ragazzoni italiani, grandi e grossi, volano lunghi e distesi sul prato, finendo per abbracciati dopo aver tagliato il traguardo appaiati, braccia unite e levate al cielo: così sono inevitabilmente finiti molti duelli ingaggiati lungo i 52 chilometri del Kima. Altri, subito dopo lo stop del cronometro, finiscono avvinghiati a mogli e fidanzate senza nemmeno il tempo di riprendere fiato. Qualcuno si ritrova tra le braccia il proprio figlio. Mi colpisce però l'arrivo del numero 87 Carlo Corti. Scoppia subito a piangere, di un pianto liberatorio, ma è completamente solo. Pochi minuti dopo lo vedo lì vicino, seduto sulla panchetta al centro del gazebo della Croce Rossa. Niente di rotto, sta benone ma, mentre inizia a cambiarsi, lo vedo ancora parecchio scosso. Ed ancora solo. Ogni singolo secondo della sua avventura al Kima tutto per sé.
Attendo a lungo (ed invano) l'arrivo di Barbora Koznarova e Kathleen Bergaplass. Al suo husky dagli occhi di ghiaccio Barbora racconterà di non avercela fatta a raggiungere il traguardo. Kat da parte sua, prima di tornare dai suoi gemelli, si rivolgerà direttamente ... al Kima come fosse una persona in carne ed ossa, dicendogli: "Oh Kima, sei un ammazzasogni e non ammetti mancanze nella preparazione. Dopo più di otto ore di fatica immensa a scalare passi e saltare su massi enormi, la guida del Soccorso Alpino al Rifugio Gianetti (sede del cancello orario delle otto ore appunto, ndr) mi ha gridato: 'Finito!' Percorso unico, bellissimo, intimidatorio. Grazie mille!"