Insieme hanno vinto il titolo europeo della 125, insieme avevano iniziato questa stagione in Moto2. Ezio Gianola è stato un po' il mentore di Romano Fenati e fino alla gara del Mugello era il suo direttore sportivo. Per questo l'ex vice campione del mondo della 125 non se la sente di contribuire alla condanna di un ragazzo che ha visto crescere. "Domenica ha fatto una pirlata e basta. Non è affatto vero che avrebbe potuto uccidere Manzi. Chi è dell'ambiente sa che il massimo che poteva succedere è ciò che è poi successo. E' stato meno pericoloso di quanto è sembrato", ha detto a Sportmediaset.it.
Questo non significa che Gianola lo difenda a prescindere: "E' stato un brutto gesto, ma si è passati da un eccesso all'altro. Due GP di stop sono troppo pochi anche per me, ma in questo modo si è andati oltre. Bisognava aspettare la fine della stagione per decidere cosa fare senza stroncarlo subito". Invece sono arrivati licenziamenti a raffica e la sospensione della licenza da parte della Federmoto italiana, di cui proprio Gianola era stato manager della squadra velocità. "Non sono d'accordo su quanto fatto. Romano è stato punito in un certo modo dalla direzione gara e in un altro dall'opinione pubblica e alla fine ha vinto quest'ultima. E' stata una condanna mediatica", ha ribadito.
Ma perché Fenati ha commesso questa leggerezza? "La decisione della squadra di mandarmi via a inizio giugno - ha sottolineato Gianola, fino al GP d'Italia ds del team Marinelli Snipers - , forse non ha aiutato Romano. Mi considerava un punto di riferimento, io facevo un po' da cuscinetto tra lui e la squadra. A soli 22 anni si è ritrovato da solo ad affrontare problemi e stress forse troppo grandi e ora paga tutto". Poi un retroscena su Misano: "Ci siamo visti e ho notato che c'era qualcosa che non andava per via di problemi sulla moto. Non era lui". Che ragazzo è Fenati? "E' un buono, ma quando perde la bussola si trasforma, come il dottor Jekyll e mister Hyde. E' vero che lui è un po' come Cassano: un grande talento, ma una testa matta".
Adesso la carriera del pilota ascolano sembra segnata: "Bisognerebbe dargli la possibilità di rifarsi, come avviene per chiunque nella vita civile. Non è giusto che smetta di correre, ma non sarà facile continuare. Sarà sempre nel mirino della critica. Non so se ce la farà a tornare, la sua vita sportiva sarà condizionata. Per me è un fallimento del nostro sport, non siamo stati in grado di aiutarlo, me compreso".