Una stagione tutta in discesa. Anzi, tutta in calando. Come nel 2017, peggio che nel 2017. Perché dodici mesi fa la Ferrari si era sostanzialmente persa per strada alla fine dell’estate, mentre quest’anno i primi segnali negativi sono arrivati molto prima, già alla fine del mese di aprile. E dire che Sebastian Vettel era stato protagonista di un avvio di campionato bruciante: tre pole position e due vittorie dal Gran Premio d’Australia a quello dell’Azerbaijan. Ma proprio a Baku suona il primo campanello d’allarme: alla ripartenza dopo una neutralizzazione, Vettel va all’attacco di Bottas per la prima posizione ma finisce lungo in curva uno e chiude poi il GP in quarta posizione, ai piedi del podio. Il ferrarista reindirizza la rincorsa al titolo sul binario giusto con la vittoria in Canada e poi con quella al Gran Premio d’Inghilterra, la 51esima in carriera, come Alain Prost. In mezzo però ci sono il deludente quinto posto al Paul Ricard causa contatto al via con Bottas (ancora lui) e la penalità sulla griglia di partenza in Austria per aver ostacolato Carlos Sainz in qualifica.
Come detto, Sebastian mette tutto … a tacere con il successo a Silverstone, in casa del nemico. Si tratta forse del punto più alto del 2018 della Ferrari ma purtroppo anche dell’inizio della fase calante, perché Hamilton restituisce subito lo “sgarbo”, conquistando il gradino più alto del podio in Germania. E dire che proprio ad Hockenheim Vettel si era portato ad un passo dalla … glorificazione: scatto al semaforo dalla pole position (la quinta dell’anno dopo la tripletta Sakhir-Shanghai-Baku e quella di Montreal), gara dominata fino al giro 51, quando il tedesco getta nella disperazione più cupa le tribune del Motodrom di Hockenheim finendo contro le barriere della curva Sachs a causa del fondo reso viscido dalla pioggia. Hamilton eredita la vittoria, la prima di una straordinaria serie di sei in sette gran premi da lì in avanti, con il diretto rivale che riesce a fare altrettanto solo a Spa-Francorchamps. Ancora una grande vittoria, netta e convincente, su una delle piste più impegnative del Mondiale ma tremendamente isolata.
Passano infatti solo sette giorni e Vettel è in testacoda alla Curva della Roggia dopo un contatto con Hamilton al via del Gran Premio d’Italia. Ancora una volta un errore grave nella fase iniziale del Gp, la più delicata. Rimonta e quarto posto finale ma i segnali della resa sono ormai tutti sull’asfalto. Seb torna infatti sul podio a Singapore ed in Russia ma non sale oltre il terzo gradino ed in entrambi i casi con Hamilton appunto a guardare tutti dall’alto in basso. Poi arriva il contatto con Verstappen alla “Spoon” di Suzuka, arrivano il relativo testacoda con … rimonta, arriva un sesto posto finale che allunga fino a sessantasette punti l’abisso che divide il ferrarista da Hamilton. Prima del nuovo errore nelle libere di Austin che costa a Vettel ed alle residue speranze ferrariste tre posizioni sulla griglia di partenza texana.
Dalla debacle di Hockenheim in avanti, Vettel non è mai andato oltre il sesto posto finale ed è salito sul podio quattro volte in sei GP: un ruolino di marcia di tutto rispetto, nulla da dire ma … non sufficiente quando sei chiamato alla perfezione perché di fronte hai uno straordinario avversario che le vince tutte tranne una.