Visionario e ambizioso, Vichai Srivaddhanaprabha, presidente del Leicester, tornava abitualmente a Londra in elicottero dopo le partite casalinghe del Leicester e l'ultimo volo gli è stato fatale. Ma chi era l'imprenditore proprietario delle Foxes? Il cognome impronunciabile deriva dall'onorificenza concessa nel 2009 alla famiglia di origine cinese di Vichai (i Raksriaksorn) dal re di Thailandia Bhumibol Adulyadej, termine il cui significato è traducibile in lingua inglese come "light of progressive glory", ovvero luce di gloria progressiva. E proprio questa gloria è cresciuta a dismisura grazie all'azienda da lui posseduta, la King Power, specializzata in negozi duty free per aeroporti, acquistata nel 1989 dopo aver venduto un negozio di artigianato tipico thailandese.
La ricchezza accumulata in quasi 20 anni grazie all'espansione del marchio sul mercato inglese aveva permesso a Srivaddhanaprabha di acquistare nel 2010 il Leicester (allora militante in Championship) insieme a una cordata di connazionali e di assumere subito un allenatore di prestigio come Sven Goran Eriksson, mentre aveva nominato suo figlio Ayawatt (primo di 4 avuti dal suo unico matrimonio) come vice.
Secondo Forbes, Srivaddhanaprabha era all'età di 60 anni la quarta persona più ricca di Thailandia e l'undicesima più ricca al mondo con un patrimonio stimato in 4,2 miliardi di dollari. Un uomo capace di sfruttare il suo fiuto negli affari, andando anche al limite delle regole nel calcio: come quando nella stagione 2011/2012 il Leicester aveva raggiunto un debito di 30 milioni di sterline, superando di gran lunga il limite fissato a 8 dal Fair Play Finanziario, e lui emise 103 milioni di nuove azioni delle Foxes dal valore di 1 sterlina cadauna e riorganizzò il debito.
Era un buddhista devoto e cercava la benedizione dei monaci per se stesso e per chi gli stava intorno, soprattutto i suoi giocatori. Infatti chiamava più volte negli spogliatoi dello stadio e del centro di allenamento di Belvoir Drive i religiosi per aiutare la squadra ad avere una spinta in più.
Seguiva le Foxes allo stadio esaltandosi a ogni gol come tutti i tifosi, solo che lo faceva in giacca e cravatta e quando era in compagnia dei monaci era l'unico autorizzato a servire loro da bere e mangiare. Non era esattamente un grande intenditore di vini: un giorno ordinò una bottiglia di Saint-Émilion rosso da 200 sterline e la fece mettere in frigo, con l'intenzione di tirarla fuori per offrirla ai suoi ospiti e ad alcuni tifosi in caso di vittoria del Leicester. E la generosità era una dote evidente: il giorno della promozione in Premier League nel 2014 pagò la cena a tutto lo staff e ai calciatori in un ristorante di West End a Londra, dando poi 1000 sterline a ciascuno per poter giocare in un casinò presente nelle vicinanze.
Da quel momento ci fu l'annuncio folle: "Il Leicester arriverà in tre anni in cima al campionato". Nessuno ci credeva, eppure nel 2016 il miracolo riuscì grazie alla guida di Claudio Ranieri, i dribbling di Riyad Mahrez, le parate di Kasper Schmeichel e i gol di Jamie Vardy. Ma non gli piaceva solo il calcio: negli anni inglesi, Srivaddhanaprabha si era dedicato a giocare personalmente a Polo e fondare una squadra, le King Power Foxes. Aveva avuto anche modo di stringere un rapporto di amicizia con la famiglia reale britannica, tanto da aver fatto un paio di partite a Polo insieme ai Principi Carlo e William, oltre a far presentare la sua squadra King Power Foxes dalla Regina Elisabetta in persona alla Queen's Cup del 2015.
Ora lo piangono i tifosi del Leicester e gli appassionati di calcio in generale, insieme alle altre 4 persone a bordo dell'elicottero precipitato nel maledetto sabato sera.