"Io da valdostano sono un po' di parte...il Tor è da fare perché è una corsa unica nel suo genere. Il Tor è da fare perché non si può raccontare, per capirlo bisogna viverlo". A dirlo non è un ultratrailer qualsiasi: chi parla è infatti Franco Collè, il solo atleta capace di vincere per due volte la durissima sfida sull'Alta Via n.1 e Alta Via n. 2 della Valle d'Aosta, al cospetto dei magnifici giganti alpini. Sportmediaset lo ha incontrato al Milano Montagna Festival & Fuori Festival, occasione propizia per cercare così di carpirgli qualche consiglio utile per chi voglia dedicarsi alla corsa in natura (senza necessariamente arrivare a correre i 330 km del Tor coi suoi oltre 24.000 metri di dislivello positivo, ovviamente!). Già abbiamo trattato con lui i temi dell'allenamento, dell'alimentazione, dell'idratazione e del recupero, ora affrontiamo assieme altri aspetti altrettanto importanti e basilari.
La gestione della fatica in gara è una tematica molto interessante. Sicuramente si potrebbe scrivere un libro per approfondirla. E ce ne sono già tanti in commercio. Quello che posso portare io è la mia esperienza personale. Dietro ad ogni gara di lunga distanza so già in partenza che arriveranno dei momenti di crisi. Crisi legate al sonno, alla difficoltà nel mangiare, alla stanchezza, al caldo, al freddo... E' proprio in questi momenti che serve "la testa" per non scoraggiarsi e riuscire a continuare nella propria impresa. Mi ritengo una persona fortunata perché questo è un aspetto che non ho mai dovuto allenare. Quando indosso il pettorale in una gara di montagna la mia testardaggine e la mia passione fanno in modo che io riesca quasi sempre a superare ogni tipo di crisi. Per poter fare questo, però, è fondamentale arrivare a una gara con la "testa pronta". Arrivare con la "testa pronta" vuol dire che devo arrivare riposato e molto motivato con grande voglia di vivere una nuova avventura. Proprio per questo motivo nelle ultime settimane prima di una gara lunga preferisco riposare "caricando la testa" anche se questo va un pochino a discapito della forma fisica. Arrivare con la "testa pronta" vuol dire anche avere bene in mente quello che dovrò fare programmando una gestione ottimale delle energie, consapevoli del fatto ogni programma può essere ribaltato in qualsiasi momento.
Sono tante le persone che mi chiedono come faccio ad affrontare il problema del sonno in una gara come il Tor. Posso dire che in 5 edizioni che ho fatto ho cambiato 5 volte strategia. Potete capire che diventa difficile trovare una risposta univoca. Sulla base della mia esperienza ho capito che non si possono fare tanti calcoli su quanto e quando dormire in una gara così lunga. Ho imparato ad ascoltare il mio corpo: non mi obbligo più a stare sdraiato per un'ora in una base vita se non ho sonno sprecando solo del tempo (come ho fatto nel 2012) e allo stesso modo mi fermo a dormire quando sento che il mio corpo ne ha necessità. Poi, con le mie varie disavventure, ho imparato anche a evitare sonni troppo lunghi (che creano difficoltà muscolari nella ripartenza come mi è successo quest'anno a St.Rhemy) ma soprattutto ho imparato che non si dorme più sui sentieri dove non c'è nessuno che ti può svegliare (come mi è successo nel 2017). Riassumendo in poche parole un consiglio che mi sento di dare a chiunque voglia intraprendere un'avventura come il Tor des Géants è quello di "cercare di ascoltare il proprio corpo e dormire quando lui ne sente la necessità".
Anche su questa tematica si potrebbe parlare per ore. L'equipaggiamento di un atleta è fondamentale per la sua sicurezza. Proprio per questo motivo credo che l'atleta debba essere più responsabilizzato soprattutto nelle gare di montagna dove possono essere riscontrate condizioni climatiche molto severe. Nella maggior parte dei casi l'atleta prende l'equipaggiamento minimo richiesto dal regolamento della gara pensando possa essere sufficiente. Anzi succede anche che a volte "qualche furbetto" pensa addirittura di prendere qualcosa in meno per alleggerire lo zaino, pensando di farla franca nei confronti dei controlli dell'organizzazione. Poi quando succede qualcosa la colpa è sempre degli organizzatori "che non avevano fatto bene i controlli materiale" o "che avevano messo un materiale obbligatorio non sufficiente". A mio avviso si dovrebbe fare come in alcune gare all'estero (vedi Tromso Skyrace) dove non esiste materiale obbligatorio. Ciascun atleta sulla base delle condizioni climatiche e sulla base delle caratteristiche della prova deve dotarsi dell'equipaggiamento idoneo, così come fa quando va a fare un allenamento. Mi sono trovato più volte in condizioni dove il materiale richiesto da regolamento non era sufficiente in quelle condizioni meteo e viceversa in condizioni dove quel materiale era eccessivo, per non dire ridicolo.