"Stavolta non tollero menzogne, mi sono dimesso dal Chievo non per i risultati (sarei andato via anche in caso di vittoria col Bologna) ma perché io e la società volevamo raggiungere la salvezza attraverso due strade diverse. E ho rinunciato a due anni di contratto senza chiedere né pretendere alcunché". La verità di Gian Piero Ventura sulle sue dimissioni arriva con una lunga dichiarazione all'Ansa.
Un anno dopo Italia-Svezia, e due giorni dopo il gran rifiuto di continuare l'avventura al Chievo, l'ex ct prende la parola per spiegarsi e replicare anche a chi (citiamo Pellissier) non gliele ha mandate a dire, comprese ipotesi di dimissioni-non dimissioni trapelate lunedì. E la decisione di stamane di chiudere il rapporto di lavoro col Chievo, rinunciando al contratto firmato fino al 30 giugno 2020.
"Premetto - afferma l'ex ct della nazionale nella sua dichiarazione all'Ansa - che sono arrivato al Chievo per amicizia, perché il presidente Campedelli è un amico, e perché il momento di difficoltà della squadra coincideva con la mia grande voglia di riprendere ad allenare. Ho poi deciso di interrompere il rapporto, non per i risultati (mi sarei dimesso anche in caso di vittoria col Bologna), ma quando ho avuto la certezza che, benché volessimo raggiungere lo stesso obiettivo, cioè la salvezza del Chievo, io e la società volevamo perseguirla attraverso due strade diverse. A quel punto, né io potevo pretendere che loro sposassero le mie idee, né loro potevano pensare che io condividessi il loro percorso. Ho rinunciato a due anni di contratto con una rescissione consensuale - aggiunge Ventura - senza chiedere né pretendere alcunché. Mi hanno riconosciuto soltanto il mese di lavoro. Questi sono i fatti. Faccio un in bocca al lupo alla società anche se ora le nostre strade si dividono".