E sono dieci. Con il successo contro il Vasco da Gama firmato da Deyverson, il Palmeiras è la prima squadra a raggiungere la doppia cifra in tema di campionati vinti. Non sollevava il trofeo da due anni, ultimo trionfo nel 2016. Un solo anno di interregno del Corinthians, che quest’anno ha rischiato addirittura di retrocedere in serie B, ora il grande ritorno della squadra che una volta si chiamava Palestra Italia e che ha sempre qualcosa di tricolore nella sua storia. Con il decimo titolo, il Verdao ha staccato il Santos, fermo e quota 8, il Coritnhians a 7 e il San Paolo a 6. Invece il Flamengo, l’ultimo ad arrendersi nella lotta per il traguardo finale, non vince dal 2009 ed è fermo a quota 5.
Un pezzetto di Italia nella storia del Palmeiras c’è sempre e in questo caso è rappresentato da Felipe Melo, ex Fiorentina, Juventus e Inter, e da Gustavo Gomez, che è arrivato dal Milan proprio l’estate scorsa. Il paraguayano, che è in prestito, ha registrato alla perfezione la difesa dei verdi, nella quale fa coppia con Luan, obiettivo dell’Inter per il futuro. Proprio la fase difensiva ha rappresentato la chiave per questo trionfo: il Palmeiras è imbattuto da 22 partite consecutive, la miglior serie dal 2003 a oggi nel campionato brasiliano. Ultimo spicchio di Italia in questa squadra è sicuramente rappresentato da Luiz Felipe Scolari, CT del Brasile campione del mondo nel 2002 e maestro di questa squadra: le sue origini sono chiaramente italiane, cittadino del nostro Paese proprio dal 2002 grazie a un nonno di Cologna Veneta, provincia di Verona. E un altro pezzo di Italia può arrivare tra poco, perché l’obiettivo di mercato del Palmeiras per l’attacco è Gabigol.
Che tipo di soggetto sia Felipe Melo l’abbiamo imparato in Italia. Paura zero nei contrasti, nelle risse, nella vita di tutti i giorni. Le denunce gli hanno sempre fatto un baffo, figuriamoci i cartellini. Roba da scherzarci sopra. Quest’anno ha battuto tutti i record di ammonizioni ed è prsino riuscito a farsi i complimenti da solo: “Volevo essere come Sergio Ramos. Ammonito, ammonito, ammonito e poi campione in Champions e campione del mondo. Questo era il mio obiettivo. Accetto le critiche, le analizzo e cerco sempre di migliorarmi”. Felipe Melo quest’anno ne ha fatte di tutti i colori: risse, botte, ma anche partite di altissimo livello, un gol pazzesco che probabilmente verrà votato come il più bello del campionato, e soprattutto ha dato tanta sostanza a una squadra che ne aveva bisogno.
Nel Milan non giocava quasi mai, Gustavo Gomez. Ultimo degli ultimi tra le riserve, offerto a mezzo mondo, alla fine il sì del Palmeiras per un prestito con diritto rinnovo per un altro anno a 2,5 milioni e ulteriore riscatto a 1,5 milioni che verrà quasi sicuramente esercitato dal club di San Paolo. Gli sono bastate poche partite per conquistare la fiducia dei tifosi ed è abbastanza incredibile che la differenza di rendimento sia stata così elevata tra Milan e Palmeiras.
L’artefice massimo di questo trionfo è però soprattutto Luiz Felipe Scolari, anziano maestro di calcio, 70 anni e non sentirli. All’inizio della stagione lo criticavano e gli davano del vecchio, lui ci ha sempre riso sopra: “Quello che dicono di me non interessa. Sono felice perché ho la fortuna di poter gestire una squadra stando dentro il campo, di avere il contatto quotidiano con i giocatori. Basta con questa storia dei 70 anni. Faccio ancora le cose che fanno i ragazzi di 20 anni. Magari con meno frequenza, però le faccio. Sono uguale a quando ho iniziato a lavorare nel calcio, come giocatore”. È anche la sua festa, quella di un campione del mondo che ha saputo reinventarsi mille volte e ha vinto ancora.