Javier Zanetti, ospite di Verissimo (la puntata andrà in onda domani su Canale 5) ha ricordato le emozioni provate nella sua partita d’addio al calcio (il 10 maggio 2014) con la maglia dell'Inter: “Era difficile per me pensare a quel giorno, ma prima o poi doveva arrivare. Tra l’altro, nella stagione 2013-2014, ho subito un grave infortunio al tendine d’Achille e tutti pensavano che quella sarebbe stata la mia ultima partita. La mia mente invece si è subito proiettata al ritorno in campo. Volevo tornare a San Siro per poter sentire ancora l’amore dei tifosi. E così è stato. Quella notte è stata indimenticabile. Speravo non finisse più”.
Il vicepresidente nerazzurro, che ha appena pubblicato il terzo libro dal titolo 'Vincere, ma non solo', spiega il ruolo da dirigente: "È un’altra vita, diversa dal campo. Volevo conoscere un nuovo aspetto del calcio e avere una visione più ampia. Mi piace molto questa cosa, mi sta arricchendo come persona e spero di lasciare la mia impronta anche come dirigente. Non ho mai sentito il desiderio di fare l’allenatore e anche mia moglie mi ha detto che il mio profilo è più adatto per una figura dirigenziale”.
Infine, sul figlio Tommy che ha un padre dalla storia e cognome così importanti: “Non mi preoccupa l’eredità del cognome, l’importante è che cresca con i valori giusti. E tocca a noi genitori educarli in questa maniera. Non mi dimentico mai da dove vengo. A volte, quando torniamo in Argentina, accompagno i miei figli nella nostra fondazione per fargli conoscere dei bambini che non hanno la loro fortuna e per fargli capire che senza sacrificio non si ottiene nulla".