Marco Orsi è appena partito per Rio de Janeiro con la fidanzata-nuotatrice Sara Alesci e il coach Roberto Odaldi. Il collegiale in Brasile servirà al “Bomber” per confrontarsi con i migliori nuotatori locali e impostare la preparazione in vista dei prossimi italiani a Riccione per centrare l’obiettivo dei Mondiali di luglio in Corea del Sud e poi, se possibile la terza Olimpiade della sua carriera a Tokyo nel 2020. “Dopo, credo proprio che lascerò il nuoto”, ci confessa Marco nel corso di un incontro esclusivo al Campus Aquae di Pavia, dove si è svolta la seconda edizione della Servipack Italia Swim Cup; evento particolarmente riuscito con più di 300 ragazzi provenienti dalla Lombardia che si sono sfidati dentro ad uno stadio di nuoto sul web. Le gare si potevano vedere in diretta streaming e hanno generato più di 1800 contatti.
Marco Orsi è stato il testimonial dell’evento: “La trovo un’ottima iniziativa. Una formula innovativa in grado di valorizzare il mondo del nuoto, con una finestra aperta sul futuro. Aiuta anche a spegnere le pressioni e le aspettative sui giovani atleti, a creare la giusta distanza tra i ragazzi impegnati in vasca e i genitori che comunque li possono seguire in diretta”.
Il nuotatore azzurro è reduce dall’argento nei 100 misti conquistati a dicembre ai Mondiali in vasca corta in Cina. “Dopo 40 finali internazionali è bello essere ancora a certi livelli”, aveva dichiarato a caldo. Ma dietro a quelle parole, dentro a questo splendido ragazzo bolognese che è il perfetto testimonial del nuoto italiano, si nasconde un periodo buio, popolato da angoscia e paura per una carriera a rischio causa problemi di salute. “Ho sofferto di tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto, è stata davvero dura”. Nel morbo di Hashimoto si instaura una situazione di ipotiroidismo, il sistema immunitario attacca la tiroide, causandone l’infiammazione e interferendo con le capacità di produzione degli ormoni tiroidei. “Ero sempre stanco, affaticato. Nuotare, allenarmi era diventato un tormento: quando uscivo dalla vasca ero distrutto, le gambe sembravano pezzi di legno, il respiro mi mancava”.
Marco non ha scoperto subito il suo problema. “In Federazione mi hanno solo consigliato gli esami da fare, ma non se ne veniva a capo. Poi per fortuna ho incrociato il mio destino con quello della dottoressa Tiziana Balducci, medico della nazionale italiana di nuoto che opera a Verona e ho incominciato a vedere la luce. Per avermi aiutato ed essermi stati vicini voglio ringraziare la dottoressa, il mio allenatore a Bologna Roberto Odaldi, lo psicologo dello sport dottor Mirko Mazzoli e la mia compagna Sara che ha lasciato Torino per allenarsi con me”.
Dal morbo di Hashimoto però non si guarisce e per il momento, Marco è costretto a prendere un medicinale ogni giorno per il resto della sua vita. Il momento è stato davvero brutto.
“La malattia l’ho scoperta lo scorso ottobre, il problema persisteva più o meno da un anno e mezzo. È cambiato tutto dopo gli splendidi Europei di Copenaghen in vasca corta del 2017…”. Lì, Orsi aveva vinto l’oro nei 100 misti. “Poi, alla ripresa della preparazione sentivo che qualcosa non andava. Troppi alti e bassi. Agli Italiani di Riccione ho fatto male, non ho centrato i tempi e gli obiettivi previsti, ero distrutto. Si, ho pensato di mollare, di lasciare il nuoto. Ho cominciato a pensare a quello che avrei potuto fare nel post carriera”.
Non lo dice chiaramente ma si capisce che in quei momenti si sarebbe aspettato qualcosa in più dalla Federazione, un certo tipo di supporto che gli è mancato. Ma si sa come vanno certe cose nel mondo dello sport agonistico: nel nuoto, gli atleti che si allenano a Roma, che sono più vicini ai vertici del Coni godono di un trattamento migliore e ricevono più attenzioni degli altri. Lo diciamo noi, non lo dice Marco perché è un ragazzo estremamente rispettoso e abituato a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. L’argento ai Mondiali in Cina probabilmente lo ha ripagato di tante amarezze e sofferenze. "La medaglia ha avuto il significato di una risurrezione. La mia vicenda vorrei che fosse letta come la possibilità di riscatto che tutti noi possiamo avere nella vita. Un segnale di speranza per quelli che soffrono ma che possono risollevarsi se accanto hanno persone che gli vogliono bene come è successo a me”.
Dopo l’argento sei tornato a sentire la Federazione più vicina? “Ci sono stati dei contatti, mi hanno fatto i complimenti. Ma non mi aspetto di più: sono più vicini e interessati al lavoro dei giovani atleti rispetto a noi più esperti”. Orsi ha solo 28 anni, li ha compiuti lo scorso 11 dicembre. Sa di essere nella seconda parte della sua carriera ma è tornato ad essere estremamente motivato. Lo spirito e il sorriso non li ha persi, la voglia di divertirsi nemmeno, basta vedere nel link allegato cos’ha combinato recentemente nel collegiale di Livigno con i compagni di squadra in mezzo alla neve dopo un allenamento. Ma, soprattutto non ha perso quella disponibilità naturale verso i giovani nuotatori, i bambini, che ne fanno il testimonial ideale di questo sport. A Bologna si presta per degli stage al Circolo Nuoto Uisp. Ma, in particolare, si è affezionato alle iniziative e allo spirito che animano il Campus Aquae di Pavia, una giovane società ben gestita dal giovane direttore sportivo Gianluca Maestri. Vedere con i tuoi occhi la disponibilità sincera di Marco Orsi verso gli altri, i suoi occhi verdi che brillano di gioia davanti ai bambini è un inno alla vita.