Alex Txikon ha rinunciato al sogno di mettere a segno la prima invernale del K2. Per quest’anno almeno. Con la primavera astronomica ormai alle porte, l’ultimo tentativo utile è fallito a causa del vento fortissimo. Alex ed i suoi “climbing sherpas” avevano raggiunto il Campo 3, intorno ai 7000 metri di quota, ancora lontano dagli 8611 metri della vetta. “Stiamo scendendo, il vento è troppo forte e ci impedisce di realizzare il nostro sogno. Sono felice che stiamo scendendo tutti insieme, sani e salvi. La montagna non si muove”, questo ha dichiarato via social il 37enne alpinista basco. Poche righe che però dicono tutto e lasciano intuire ciò che sta in fondo all’anima, il peso emotivo che inevitabilmente Alex ed i suoi si portavano dentro in queste ultimi giorni. Il Nanga Parbat, naturalmente. Daniele e Tom.
Nell’alpinismo himalayano la rinuncia alla vetta è molto più di un’opzione: spesso è il solo modo per rientrare sani e salvi al campo base. A maggior ragione nel caso di una spedizione invernale, sulla seconda montagna della Terra poi. “A successful failure”. Così la NASA definì nel 1970 l’esito fallimentare della missione lunare Apollo 13, resa popolare nel 1995 dall’omonimo film di Ron Howard. E così in fondo – un fallimento di successo – possiamo definire l’esito della spedizione basca al K2. Perché, almeno in parte, la decisione di scendere (oltre che a ragioni tecniche) è dovuta proprio al ritardo sulla tabella di marcia causato dal tempo e dalle energie - non solo fisiche - che Alex ed i suoi compagni hanno sottratto al loro progetto spostandosi al Nanga Parbat (distante dal K2 circa duecento chilometri, ma solo in linea d’aria …) per incaricarsi della missione prima di soccorso e poi – con il passare del tempo - solo di ricerca di Daniele Nardi e Tom Ballard. Txikon ed i suoi hanno perlustrato lo Sperone Mummery, la via di salita normale (la Kinshofer), in pratica l’intera parete Diamir della grande montagna pakistana.
Hanno svolto le loro operazioni sia in elicottero, sia in parete. Con l’osservazione diretta, con l’ausilio dei droni e di un potente telescopio che ha infine permesso di individuare e fotografare le sagome di Nardi e Ballard sullo Sperone. Lunghe ed estenuanti giornate di ricerca – intervallate a pause causate dal maltempo - concluse con l’accertamento della tragica fine di Tom e Daniele. Se si considera lo stress fisico e quello emotivo accumulato tra gli ultimi giorni di febbraio ed i primi di marzo, non possiamo fare altro che ammirare l’enorme coraggio e la straordinaria dedizione dei baschi nel ritornare in Karakorum, al campo base del K2, per riprendere la loro scalata ed ancora di più la decisione di abbandonare “serenamente” anche l’ultimo tentativo. Provandoci fino alla fine, ma non un centimetro oltre.
A Txikon è arrivato anche il ringraziamento dell’ambasciatore italiano in Pakistan Stefano Pontecorvo: “Quando ti sei offerto volontario nelle ricerche di Daniele Nardi e Tom Ballard sapevi che la tua spedizione ne avrebbe potuto risentire. Hai comunque deciso senza esitazioni di contribuire. E li hai trovati. Te ne saremo grati per sempre. La prossima volta arriverai in vetta”.
Certo, non è così semplice. Il K2 rimane l’unico Ottomila non ancora salito in inverno dopo che, nel 2016, proprio Txikon aveva portato a termine la “prima” invernale del Nanga Parbat (corsi e ricorsi della storia, anche di quella dell’alpinismo) insieme a Simone Moro ed al pakistano Muhammad Ali Sadpara, a coronamento di una spedizione della quale aveva inizialmente fatto parte anche Daniele Nardi. Alex Txikon adesso il K2 se lo merita come forse nessun altro ma è lui stesso il primo a sapere che l’equazione non è così immediata. La sua forza è proprio questa.
Il K2 di Txikon, il fallimento di successo dell'alpinista che ha provato a salvare Nardi e Ballard
Il basco ha rinunciato alla vetta "invernale" della seconda montagna più alta al mondo
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