Bello leggere certe notizie. Bello sapere che, nella tua squadra, esistono punti fermi da cui ripartire, dopo le prossime pulizie estive. La storia di Skriniar è stata trattata in tutte le salse, inutile riproporla; degno erede di chi ci ha portato sul tetto del mondo, degli Zanetti, dei Cambiasso, dei Samuel, dei Cordoba, gente che ha giurato amore eterno al nerazzurro. E, tranquilli, i loro ingaggi venivano ritoccati puntualmente nel tempo; accadeva in silenzio, senza urli né strepiti, senza il pallone è mio e me lo porto a casa così non potete più giocare cicca cicca, senza telenovelas, coinvolgendo familiari ed amici, che vedere l’Inter ridotta ad una Ciranda de pedra qualsiasi mi ha infastidito. Assai.
In questa rosa, Skriniar a parte, sono molti i calciatori che non hanno capito cosa significa vestire nerazzurro, cosa significa interismo, cosa significa appartenere all’unica squadra italiana mai retrocessa. E alcuni lo stanno capendo. Perché non posso dimenticare l’entrata a gamba tesa di Lautaro all’indomani dell’uscita intemerata del padre, quando di fatto lo zittì e nemmeno con troppo garbo. Sta di fatto che oggi, dall’entourage del giovane argentino, hanno fatto sapere che non ci sarebbe alcun problema nel caso in cui l’Inter decidesse di togliere la clausola rescissoria dal contratto attualmente in essere; della serie il giovanotto non ha prezzo, bisogna necessariamente passare da Marotta e Zhang.
Né dimentico - io, uno dei suoi detrattori più incarogniti - Brozovic con un piede e mezzo sull’aereo per Siviglia che viene fatto scendere e, da lì, inizia un processo di crescita esponenziale; oggi Marcelo, per me, è tra i più forti centrocampisti d’Europa e solo chi guarda gli highlights delle partite, non LE partite, può pensare il contrario. Così come non mi scordo dei Ranocchia o dei D’Ambrosio; facile dire eh, ma sono scarsi, chi vuoi che te li prenda. Perché io loro non li venderei mai, uomini spogliatoio seri e silenziosi. Stile Handanovic. O Politano e Keita; piuttosto che andarsene da qui si incatenerebbero ai cancelli di Appiano; non certo per mancanza di richieste.
E ce ne sarebbero altri di cui parlare, a cui chiedo scusa, ma occuperei più spazio del consentito. L’Inter è una fede, un modo di essere, di vivere, di pensare, di amare, di gioire, di piangere, di comportarsi. Per chi lo capisce le porte sono aperte. Per gli altri, per chi considera la Società un bancomat qualsiasi, per chi verrà senza colorarsi l’animo di nerazzurro, l’uscita è là in fondo; porta di destra o di sinistra non fa differenza, basta andare. Alla prossima.
Noi siamo l'Inter: vestire il nerazzurro è un onore, non un dovere
Per chi non lo capisce, la porta è aperta!
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