Negli Anni Novanta la sua notorietà ha sfiorato, forse addirittura raggiunto il carattere planetario. In fondo, era questo il suo stile: inseguire, fino a toccare. Se possibile superare. Patrick De Gayardon, l’uomo “No Limits”, scomparso nei cieli delle Hawaii il 13 aprile del 1998: ventuno anni fa. Ripensarlo oggi è come fare un salto nel vuoto, uno dei suoi. Studiò la tuta alare (“wingsuit”), ispirandosi addirittura ai Petauri dello Zucchero, i piccoli marsupiali del Madagascar noti anche come “scoiattoli volanti”, caratterizzati da una sottile membrana tesa tra arti inferiori, quelli posteriori e la coda, che permette loro di planare tra un ramo e l’altro. Patrick ideò la tuta, la provò e la migliorò con l’esperienza, lancio dopo lancio.
Sulla sua pelle, è proprio il caso di dirlo. L’ultima modifica gli costò la vita. Un supereroe come oggi, in un certo senso, ce ne sono “tanti”. Ma più che altro in televisione, al cinema, nei videogames e nelle “app”. Tranne rare eccezioni. Perché il fattore-rischio non è diminuito, gli incidenti continuano a fare parte del “gioco” e con essi, inevitabilmente, il numero delle vittime. Ma è cambiata la prospettiva. Patrick ha aperto una strada, si è letteralmente buttato. Chi lo fa oggi non è di certo meno coraggioso, non è meno temerario, non è meno “incosciente” ma De Gayardon rimarrà per sempre il primo, il precursore ed il pioniere e questo primato non glielo può togliere nessuno. Come Messner (e Peter Habeler) sull’Everest senza ossigeno artificiale, come Jim Hines per primo sotto i dieci secondi nei cento metri piani. Come tutti quelli che (non solo nello sport ma nei più diversi campi dell'agire e del sapere umano) hanno aperto una strada nuova e fino a quel momento considerata impossibile o comunque vicinissima al limite. Inseguirlo, accarezzarlo, toccarlo e, possibilmente, spingersi appena al di là. Fino a scorgere … il lato oscuro della Luna.
In questo risiede la grandezza di Patrick. Skysurfing, base jumping, lanci da altezze superiori ai diecimila metri, vale a dire la quota di crociera degli aerei di linea. E poi imprese spettacolari: dal volo di mille metri del Salto Angel in Venezuela (1992) a quello fin dentro la gigantesca voragine circolare del Sotano de Las Golondrinas in Messico, dall’incredibile volo tra le guglie del monte Bianco (nel 1994) a quello sopra le pareti del Grand Canyon (1997). Fino alla straordinaria performance che lo portò a rientrare (!) nella carlinga dell’aereo dal quale era saltato fuori in precedenza.
Numeri “senza rete” ma studiati nei minimi dettagli, che resero Patrick famoso in tutto il mondo, grazie alle immagini di un’efficace campagna pubblicitaria planetaria, quella appunto legata al fortunatissimo claim “No Limits”. Tanto è vero che, dopo avere ricordato – nel 2018 – il ventesimo anniversario della scomparsa di De Gayardon, Sector ha deciso di riattualizzarne anche quest’anno la figura attraverso una speciale collezione composta da quattro modelli di orologi in edizione limitata, ciascuno dei quali dedicato ad una delle imprese leggendarie di Patrick: Back Inside The Plane, Sky Surf (Polo Nord), Wing Flight (Grand Canyon) e Golondrinas Jump.
Performances uniche nel loro genere che, dalla loro ideazione alla loro realizzazione, hanno fatto scuola ed aperto vie nuove. Un nuovo modo di pensare e mettere in pratica lo sport d’avventura, spinto fino ai limiti. Intraprendenza come conseguenza di un metodo. Metodo come indispensabile completamento del coraggio. Coraggio come filosofia di vita. Che lo stesso De Gayardon ebbe a definire così: “Superare un limite, un confine stabilito, prima che coraggio è disciplina, esperienza, aiuto della scienza, delle medicina, della fisiologia, della psicologia. Solo concentrando nel corpo e nella mente queste cose si può diventare padroni dell’estremo … L’estremo è ricerca: del limite da superare, della meta più lontana che un uomo può proporsi di raggiungere. E, una volta che l’ha raggiunta, l’estremo diventa un ulteriore limite, una meta ancora più lontana … L’estremo è anche ragionevolezza, studio, calcolo, programmazione, pianificazione delle proprie forze e capacità, in vista del risultato che si intende conseguire”.
Sono pensieri che oggi possono apparire superati oppure scontati. Letti e riletti. Accusano (questo è certo) il peso dei ventuno anni che ci separano dall’ultimo volo di Patrick, che all’epoca di anni ne aveva trentotto. Eppure ce ne restituiscono ancora intatto lo spirito. I confini dell’estremo sono stati spostati più in là, le tute alari considerevolmente migliorate, le performances di Patrick oltrepassate in termini di altezza, velocità, profondità (perdendo però in parte di significato e di unicità). I suoi emuli non si contano più solo sulle dita di due mani. Ma la straordinaria sensazione di libertà che tutti noi possiamo solo immaginare, che pochi sono in grado di pensare e pochissimi di tentare, Patrick l’ha vissuta per primo ed è per questo che oggi lo ricordiamo. Non più come un inestimabile testimonial, non più come un atleta dell’estremo, non più come un personaggio capace di imprese a seconda dei punti di vista straordinarie oppure pazzesche ma come una sorta di eroe romantico. Di quelli che colpiscono la nostra immaginazione (non importa in che modo), perché ci mettono di fronte all’incognito, ci costringono a farci delle domande: che durano un istante, oppure ventuno anni. E poi oltre.
Sul numero di marzo-aprile della rivista specializzata Survival&Reporter uno speciale interamente dedicato al grande Patrck de Gayardon.