I pezzi chiave del mercato Juve, estate 2019

Il club punta al bersaglio grosso, ma serve il bersaglio giusto

A tutti piacciono i calciatori bravi, i calciatori che catturano l’occhio, i calciatori che ci scommetteresti di tasca tua. Così come i calciatori che sembrano poter rappresentare una grande occasione sotto il profilo economico, i calciatori che se non è questo volta poi non li prendo più, i calciatori che scaldano i tifosi, i calciatori che hanno dimostrato contro la Juve di poter essere da Juve. Piacciono anche a Fabio Paratici tutte queste specie qui. Soltanto che il Direttore dell’Area Sport bianconera ha ormai smesso da un pezzo di giocare con gli altri grandi scout europei a chi è più bravo e al “te l’avevo detto”.

Il nuovo status in società - sistematicamente sottolineato dallo stesso presidente Agnelli - impone obiettivi netti e strategie chiare: alla Juventus non interessa il mucchio selvaggio alla Sabatini né il gusto esotico di Monchi, tantomeno il collezionismo in stile Psg né ovviamente il tiro al piccione delle milanesi. Anche soltanto perché, in casa Juventus, il calciomercato di questi ultimi otto anni ha sperimentato le varie tecniche di cui sopra con le giuste dosi, la giusta percentuale di errore e la massima efficienza.

Dall’arrivo di Cristiano Ronaldo e dall’uscita di Beppe Marotta poi, cambia radicalmente il modo in cui la Vecchia Signora percepisce se stessa e il modo in cui viene percepita fuori. Non è dunque l’anno in cui serve rivoluzionare una rosa soltanto apparentemente datata: saranno le dismissioni a guidare una sessione di prime scelte mirate, in linea con l’effetto CR7, e magari un jolly, e magari un puntello. I nomi, quando si parla di dismissioni sono presto fatti, e le conseguenze piuttosto lampanti. A partire da Andrea Barzagli e Martin Caceres, due scadenze contrattuali di fatto naturali. Ma anche due difensori attivi, aggressivi, che vanno nella casella dei Chiellini e dei furono Benatia, calciatori complementari ai passivi e più razionali Bonucci, De Sciglio e Rugani. Quindi due difensori, un titolare che al massimo potrà essere un paratitolare più un centrale di completamento immediato o futuro, dove futuro significa massimo dodici mesi di collaudo (in questo senso a Rugani resta un unicum assoluto, anche nel caso della Juventus).

Poi ci sono le dismissioni mirate, sulla falsariga di ciò che fece il club con Higuain l’anno passato. Candidati molto seri, in questo senso, sono Mandzukic e Khedira. Calciatori che non generano il concetto di plusvalenza, ma che la società pare intenzionata a non far rientrare più nel rinnovato piano sportivo. Situazioni magari non semplici oggi, ma che per luglio significherebbero la caccia aperta a un centravanti di riferimento totalmente nuovo da annettere al progressivo spazio a disposizione di Moise Kean più un centrocampista ancora che oltre a Ramsey chiuderebbe il buco della strana dismissione di fine mercato che portò il nome di Claudio Marchisio. Qui si dice che la Juve, giustamente, punti al bersaglio grosso. Ciò che in fondo serve però è il bersaglio giusto, soprattutto nel caso in cui il rifinanziamento di parte del mercato arrivasse da Miralem Pjanic. Morale: poche scelte, ma decisive, lungo la dorsale. E se il jolly è Chiesa è perché oggi (finalmente) un italiano bravissimo può darti dieci volte tanto un sudamericano bravo.

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