Il polverone lo ha sollevato nuovamente lui: Jürgen Klopp. Non ci riferiamo al polverone di Anfield - nuovamente teatro di una nuova pagina dell’enciclopedia delle partite di calcio - e neppure al polverone in casa Barcellona, ovvero in casa Messi, di conseguenza in casa del sonnambulo Valverde, cioè anche nelle case di coloro che se non la vince Cristiano Ronaldo allora la vince Leo Messi o viceversa. A casa Allegri, quando CR7 violò lo Stadium ricamando anche una rovesciata da poster in soggiorno, la si pensava così. A casa Agnelli siamo invece ancora a caccia della verità, sempre che esista una verità su come si vince la Champions League.
Il polverone riflesso è quello tutto bianconero che investe letteralmente la tifoseria della Vecchia Signora. Apriti cielo. Perché Allegri eliminò in mala maniera Klopp nell’anno in cui la Juve sorprese quasi tutti in Europa per lo meno fino al contropiede letale di Messi, Messi a cui Allegri addebita più o meno esplicitamente un paio di eliminazioni del suo Milan, e la volta che Messi viene piegato senza se e senza ma (dal Dybala che ricordiamo in fotografia) arriva appunto CR7. A Cardiff due anni dopo e non solo. Perché però Allegri, così come noi, osserva il fatto che a raccogliere il triplo testimone del Real Madrid di Zinedine Zidane sarà una tra Liverpool, Tottenham e Ajax. Tre squadre che rappresentano più nemesi, non solo quella dei pensieri espressi (forse) per necessità e rivendicazione dal tecnico livornese nelle sue ultime spericolate uscite pubbliche, ma anche quella della dialettica di Mourinho e di coloro che a volte cadono nella trappola di parlare più degli altri che di se stessi. Tra questi non c’è Guardiola, che soffre in silenzio perché nel post Barcellona si è rafforzato come allenatore icona di questi anni pur senza aver ancora ottenuto la categoria di mito tra gli allenatori del calcio.
Tornando ad Allegri: così come Antonio Conte prima di mettersi in gioco in un impegnativo campionato estero e chissà adesso, per quel che esprimono, non hanno ancora distillato un calcio che convinca chi guarda a torto o ragione il calcio europeo come a un qualcosa di più astratto. Klopp, che di finali ne ha già perse (e vedremo queste) e di coppe internazionali non ne ha ancora vinte, ce l’ha invece fatta. È forse colpa nostra, di noi giornalisti, di voi tifosi, del nostro modo di vedere e digerire il calcio? Con questo approccio culturale col paraocchi non possiamo noi aiutare gli Allegri e i Conte di questo mondo ed è difficile dire se loro possano ancora aiutare la Juve. Guardare la Champions, tanto più l’edizione 2019, fa venire il serio dubbio che alle ambizioni della Juve di Agnelli serva un connubio diverso, che spacchi lo schema italico, che faccia da centrifuga tirando fuori una squadra sorprendente cambiando il giusto, ovvero il meno possibile. Pensateci, se avete ancora dieci minuti di tempo. E quest’anno smettetela di guardare la Champions, perché non ci assomiglia per niente.