È stato un sabato lungo, la domenica lo sarà altrettanto, aspettando quest'ultimo atto. Ma l'attesa non è essa stessa il piacere?, si domanda quel tale, nello spot. Ma anche no, aggiungo modestamente. Porta stress, adrenalina anche, ma è un cumulo di tensioni e ormai, colpa dell'età, anche di ricordi. Certo, nel bene e nel male, erano altre attese, altri sabati e domeniche mattine più lontani nel tempo. Quel 30 aprile 1988 prima di Napoli-Milan non passò mai, così come due anni dopo, quando poi è finita con lo scippo dello scudetto a Verona. Oppure in quel rovente pomeriggio del 1982 aspettando il Cesena-Milan poi risultato fatale, o ancora la vigilia più simile a questa e più recente, Siena 2013, l'ultimo biglietto per la Champions League artigliato negli ultimi 5 minuti con Balotelli e Mexes.
E adesso il conto alla rovescia per Ferrara, un campo “neutro" nella memoria milanista, un posto e una squadra – la Spal – che non si vorrebbero davvero inserire nello speciale fascicolo destinato a coloro che, senza un motivo fondamentale, ci hanno rotto le uova nel paniere, quello per intenderci dove campeggia il nome dell'Hellas Verona.
Il problema è che in queste attese da ultima di campionato trovano posto molti pensieri, sicuramente troppi: innanzitutto le dietrologie, scomode, spesso immotivate se non assurde, ma siamo pur sempre in Italia, amici. Poi, ci sono le notizie, e in mancanza di queste il tentativo di interpretazione in chiave risultato di qualsiasi parola, di qualsiasi gesto. In vista di stasera, per esempio, la mia personalissima (e tenue: non do più del 10-15% di chances al lieto fine) fiammella di speranza è stata tenuta viva ieri dall'atteggiamento dialettico, espressivo e persino fisico di Gattuso e Spalletti nelle rispettive conferenze stampa: uno con fuori le unghie, l'altro con toni, sguardi e motivazioni già da ex.
Per quanto riguarda le dietrologie e i complottismi, invece, poca ispirazione e poca voglia, questa volta: se non la convinzione di una sorta di surplace da ciclismo su pista tra le dirette concorrenti per la salvezza. E se l'Empoli ricevesse notizie confortanti da Firenze, magari potrebbe tirare indietro la gamba nel finale, ammesso e non concesso che il risultato di San Siro non abbia già sopra il marchio dei dirimpettai interisti. Certo che il controsorpasso all'ultima curva sarebbe roba da ricordare, eh? Non rimarrebbe scritto nell'albo d'oro, si parla pur sempre di un quarto posto. Però, tra ritorno in Champions e beffa all'Inter, ce ne sarebbe abbastanza per fare festa dopo l'ennesimo anno vissuto pericolosamente.
Aspettare, e intanto pregare, sperare. Augurandosi anche – comunque vada – che dopo il fischio finale non si protraggano per troppo tempo altre attese. Innanzitutto, quella per il nuovo Milan. Nomi, cognomi, ruoli, dalla dirigenza al campo, in tempi brevi, grazie. Serve chiarezza subito, serve un progetto che non nasca dai tentennamenti e che non prenda le mosse da “piani B", anche in caso di ridimensionamento.
E quindi la questione Uefa, che certamente vedrà finali diversi secondo il piazzamento finale dei rossoneri e che rischia di portare oltre a pesanti sanzioni, anche il danno procurato della tensione nell'ambiente e tra i tifosi. Di tutte queste cose ne parleremo da domani, comunque. Ora, ancora ina volta, è solo tempo di tirare l'ora mangiandosi le unghie e risultare scorbutico al prossimo. L'attesa è essa stessa il piacere? Ma và a ciapà i ratt, và.