A proposito della cravatta di Maurizio Sarri

Sbagliare alla Juventus non solo non è consentito, ma è la cornice che ci si porterà appresso per sempre

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Mai indossare insieme le righe e i pois, non ci va un occhio esperto per capirlo. Poi per carità, nel terzo millennio abbiamo sdoganato di tutto e l'occhio è pronto più a cogliere una possibile nuova tendenza che a fare il saputello criticone. Sta di fatto che all'annuncio grafico della (storica, perché entrerà nell'antologia dei momenti bianconeri del calcio moderno) conferenza stampa di presentazione di Maurizio Sarri alla Juventus le righe non si vedono e i pois sdrammatizzano l'abito sartoriale confezionato nell'ultima notte prima degli esami che valgono la definizione di una carriera per l'ex tecnico del Chelsea. Sbagliare alla Juventus non solo non è consentito - e questo vale per la visuale del club come quella da oggi severissima dei media - ma è appunto la cornice che ci si porterà appresso per sempre. L'immancabile eccezione è fin qui rappresentata unicamente da Carlo Ancelotti, che a differenza dei Marchesi e dei Del Neri aveva però tutta una carriera davanti a sé, carriera poi quasi da percorso netto.

Ma torniamo alle righe e dai pois. Se le cose andranno da subito bene, perché l'impatto per Sarri farà tanto anche se non tutto, verrà prima o dopo anche il momento del Sarri ruffiano. La sensazione generale è che l'allenatore toscano - definitiva icona del calcio di base dei dilettanti e delle serie cosiddette minori - dovrà passare attraverso la scommessa più grande possibile per chi fa questo sport: conquistare la piazza più esigente e diffidente, nell'anno in cui deve sublimare Cristiano Ronaldo e quindi la Champions, con un faticoso e sorprendente approdo alle spalle, solo e unicamente con il rullare del rettangolo di gioco. Quindi niente righe cucite addosso a priori, almeno inizialmente.

I pois potrebbero andare effettivamente bene: rappresentano una certa capacità di ironizzare, il che non guasta di fronte al marasma emotivo suo e di chi legittimamente su di lui ha dubbi e peggio ancora chi non ha ancora incominciato una seria opera di accettazione interiore. I pois erano nei provocatori papillon di Winston Churchill così come nelle cravatte avanguardiste di Bob Dylan. Due che hanno lasciato in modo permanente il segno nella storia del Novecento attraverso i fatti e non attraverso le pose. I fatti che nel calcio sono i risultati ma anche i percorsi. I fatti che alla Juve sono il lavoro e la capacità di porre velocemente dei correttivi di rotta non appena se ne intravede la necessità. A Torino ciò che succede tardi è sempre troppo tardi, e Sarri dovrà essere bravo, non per forza buono, a volte anche cattivo, ma mai burbero. E a Torino le righe sono in fondo un culto, e ognuno può essere libero di manifestarlo o viverlo in modo intimo. L'importante, come sempre, è crederci davvero. Fino alla fine. Anche se la cravatta ufficiale infine è blu scuro come lo sguardo oltremare di chi ha un lungo e impegnativo percorso da fare.