Presente, passato, futuro. Maurizio Sarri si presenta alla Juve con le idee chiare a dire poco: "E' il coronamento di una carriera lunghissima. Penso di aver rispettato tutti e dovevo rispettare anche il mio percorso. De Laurentiis? Mi ha fatto un regalo, allenare la squadra che tifavo da bambino. Lo ringrazierò sempre". Sulla Champions: "E' un sogno da perseguire con determinazione feroce e con un coefficiente di difficoltà mostruoso".
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LE PAROLE DI SARRI "Sono contento di essere qui oggi. Sono a disposizione per tutte le domande e curiosità e darvi le informazioni che vi posso dare".
E' la scelta più rivoluzionaria della sua vita?
"Non lo so, non lo penso. Bisogna avere le idee chiare sul percorso. Tre anni fa arrivo a Napoli e do tutto. Da bambino ero tifoso del Napoli. Negli ultimi mesi a Napoli ho un dubbio, che è quello tra l'affetto che provavo e la parte più logica di me stesso che mi diceva che il percorso fosse chiuso. Il dubbio era mio e quindi ero io che non stavo dando delle risposte. A quel punto ho avuto offerte importanti anche in Italia, ma ho preferito andare all'estero prima. La Premier è stata un'esperienza bellissima, ma poi ho sentito il bisogno di tornare in Italia e l'opportunità me l'ha offerta il club più importante d'Italia. E' il coronamento di una carriera lunghissima che nell'80% è stata anche difficilissima. Penso di aver rispettato tutti e nell'ultima parte dovevo rispettare anche il mio percorso".
Che sensazione è stata la chiamata della Juve?
"La sensazione è stata forte. Non per il quando, per il come. Ho visto una società determinatissima. Mai visto in 30 anni una società così determinata e compattta nell'andare su un allenatore. L'atteggiamento di questi dirigenti di determinazione e compattezza".
Sul confronto con la Premier.
"Penso abbiamo davanti un percorso lungo. Parlavamo prima con il presidente a livello di strutture e organizzazione e penso che il nostro sarà un percorso un po' lungo. Le strutture devono essere la partenza, poi cambiare l'atmosfera dentro gli stadi, in Inghilterra ti giri e la panchina è circondata da bambini. Il clima è diverso. Ci vorrà un percorso, si deve partire dalle strutture, ma penso che in campo e a livello tattico abbiamo un po' di vantaggio. Il gioco? Qui fatica a decollare rispetto a loro perché lì il risultato è un po' meno importante e rischiano di più. Io sono contento per il fermento che vedo in A perché c'è un bel movimento di allenatori. Conte, Giampaolo, che ritengo uno dei giovani più interessanti finalmente in una grande panchina, Fonseca, Ancelotti, un ragazzo che stimo tanto come De Zerbi. Mi sembra ci siano i presupposti per vedere qualcosa di bello".
Su campionato e Champions.
"Mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite. Non è dovuto. Se il risultato diventa dovuto, è una sconfitta certa. E' chiaro che la Juve ha l'obbligo di fare bene, è la favorita. In Champions la Juve ha l'obbligo di partire con l'obiettivo di vincere, ma in Europa ci sono 8-9 squadre che possono vincere. Le responsabilità sono più forti a livello italiano che europeo. La Champions è un obiettivo, un sogno da perseguire con determinazione feroce e con un coefficiente di difficoltà mostruoso".
Sul modulo.
"Penso che non si può partire dal modulo. Bisogna avere le idee chiare su quali sono i 2-3 giocatori che possono fare la differenza e adeguare il modulo su di loro. Prima devo parlare con loro. Ho fatto diversi moduli nella mia carriera, al Chelsea dovevo accompagnare le caratteristiche di Hazard. Partiamo dalle caratteristiche dei giocatori. Partiamo da chi può farci fare la differenza, accompagnamoli e il modulo sarà una conseguenza".
Sull'arrivo alla Juventus.
"Non è che passo dai dilettanti alla Juve. E' un percorso lungo. Mi fa piacere essere qui. Mi dà emozione essere qui, ma il percorso è lungo e fatto di passi. Arrivo dal Chelsea, altro grande club chiaramente con meno storia della Juve. Lo ritengo un ulteriore passo in avanti. L'emozione c'è ed è forte, ma non è quella di un allenatore che arriva dai dilettanti".
Su Ronaldo.
"E' un escalation anche sotto questo punto di vista. Negli ultimi anni ho allenato giocatori forti anche al Chelsea. Qui si va al top mondiale. E' un ragazzo che ha quasi tutti i record del calcio mondiale. Mi piacerebbe fargliene battere altri. Mi piacerebbe incidere in questo".
Sul passato al Napoli.
"Io penso che ho vissuto tre anni in cui mi svegliavo alla mattina e il mio primo pensiero era quello di battere la Juve. In quel periodo eravamo l'alternativa più credibile alla Juve. Ho dato il mio 110% e non ci siamo riusciti. Ci riproverei e lo rifarei. Era un'avversità sportiva. Ma è finita. La mia professionalità mi porterà a dare tutto per questa società. Quello che ho fatto, posso averlo fatto anche con mezzi e modi sbagliati, ma è qualcosa di intellettualmente apprezzabile".
Si sente un traditore?
"Il giocatore che deve convivere in un ambiente, lancia messaggi per convivere bene in quell'ambiente. Poi ci sono messaggi personali che dicono un'altra cosa. Io penso che nella vita ho rispettato tutti, perché ho dato sempre il 110% per la maglia per cui ho lavorato. Questo è il rispetto. Sono scelte logiche, senza romanzarci sopra".
Cosa le piace dell'essere allenatore della Juve?
"I club sono fatti da persone e nel primo approccio mi è piaciuto il fatto che li ho visti molto uniti e compatti. E' qualcosa importante. Quello che ti porta a fare di più è il rapporto tra le persone. Mi sono bastate un paio di cene con loro per capire che sono un gruppo forte per compattezza, determinazione e mentalità. E questo mi piace molto".
Su Ronaldo.
"Per quanto riguarda Ronaldo, io ho allenato il giocatore che ha fatto più gol in Serie A, mi piacerebbe averne due. Sarebbe una soddisfazione enorme".
Sullo scetticismo.
"Arrivo tra lo scetticismo come sempre. A Empoli in B, al Napoli, Al Chelsea, alla Juve. Giusto che ci sia un minimo di rancore e scetticismo. Ma nel calcio conosco un unico modo per togliere lo scetticismo dalla testa delle persone: vincere e convincere".
Dybala e Ronaldo possono giocare da centravanti?
"Un giocatore con le loro qualità può giocare in qualsiasi ruolo. Può cambiare l'interpretazione del ruolo. Come vincere? Io ho vinto poco o comunque in categorie più basse. Penso che l'obiettivo di divertirsi in campo possa coniugarsi con le vittorie. La storia dice che hanno vinto allenatori con filosofie opposte, squadre opposte. Durante il percorso ognuno deve rimanere se stesso".
Tuta o giacca e cravatta in panchina?
"Non lo so, parlerò con la società. Non abbiamo parlato di questi aspetti. Io preferirei non andare in divisa sociale. Sarà argomento di confronto, l'importante è che a questa età non mi mandino nudo".
Sui modi diversi di allenare.
"Cambiano le caratteristiche dei giocatori. Il Napoli era una squadra di giocatori da squadra. Giocatori a disposizione della squadra, muovevano la palla a velocità superiore. Il Chelsea è fatto da giocatori di livello tecnico superiore ma caratteristiche individuali diverse. Viene fuori un calcio meno fluido e altrettanto pericoloso per la qualità dei singoli. Non è che se tu ripeti gli stessi allenamenti con giocatori diversi, esce lo stesso risultato. Altrimenti saresti un folle. Se vuoi cambiare le caratteristiche dei giocatori, non sei più seguibile. Devi andare incontro alle caratteristiche dei giocatori. La tattica va modulata addosso a giocatori fatti e importanti. Bisogna avere questa flessibilità".
Cosa ti aspetti in Napoli-Juve?
"Quando esco dal San Paolo so che se mi applaudono è una manifestazione d'amore. Se mi fischiano, è una manifestazione d'amore. Uscirò volendogli bene lo stesso, qualsiasi cosa accada".
Sui cori razzisti.
"A proposito dei cori razziali io non cambio idea se cambio società. In Italia è l'ora di smetterla, è una manifestazione d'inferiorità netta nei confronti degli stadi europei. E' giusto anche fermare le partite, bisogna dire basta. Lo subivo di più a Napoli perché sono nato a Napoli. La mia idea rimane la stessa. Basta".
Ancora sul passato a Napoli.
"Ho fatto tutto quello che potevo fare. Per dovere morale, perché stavo rappresentando un popolo che ama la propria squadra e non vinceva da 30 anni, per dovere professionale, perché ho il dovere di tirare fuori il 110% da tutti. In più il coinvolgimento emotivo era forte, c'erano tutte le componenti perché io combattessi con la sciabola in mano per quei colori. Poi la storia è finita, lei sa com'è finita, ho fatto un gesto di rispetto estremo, con la mia condizione familiare, andando via un anno, poi se c'è la possibilità di tornare e questo me lo offre la più grande scoietà italiana io devo rispettare la mia condizione. E l'hanno fatto in un modo che mi ha convinto abbastanza in fretta. Poi se si vuole ricamare sul passato non se ne esce, io faccio il racconto di quello che ho vissuto, senza recitare parti. ".
Sul viaggio in programma da Ronaldo.
"Non so quando sarà, ne parleremo con Fabio nel pomeriggio. Io a Fabio avevo chiesto di parlare con 2-3 giocatori per condividere. Nelle imposizioni ci credevo 20-30 anni fa, l'età mi insegna che bisogna andare a condividere. Voglio capire cosa pensano di se stessi i singoli giocatori. Partendo da chi può incidere di più sui risultati".
Cosa l'ha convinta?
"Ho fatto 30 anni di trattative con i club. Ho affinato una sensibilità per rendermi conto quando davanti a me c'è una persona che mi trasmette grande decisione e determinazione. Non c'è una frase, è l'atteggiamento. Tutta una serie di piccoli atteggiamenti che dimostrano l'assoluta convinzione di volere te come allenatore. O io mi sto rincoglionendo o loro sono stati capaci di trasmettermi questa sensazione".
Chi sono i 2-3 giocatori con cui parlerà?
"I giocatori che ci possono cambiare la storia sono i giocatori offensivi. Quando entri negli ultimi 30 metri di campo, ci sono giocatori capaci di fare la differenza e giocatori bravi che però non fanno così la differenza. Bisogna partire da chi ha talento e vedere cosa potere costruirgli intorno. Chi fa la differenza è chi ha talento. Bisogna partire dai tecnici e talentuosi".
Sul futuro di Higuain.
"Al Pipa voglio molto bene e penso che dipende da lui. Io ho l'obbligo di ascoltare e adeguarmi, visto che conoscono meglio di me i giocatori. A parte Higuain che conosco anche io".
Sul mercato.
"Parlerò con Fabio, a me interessa trasmettergli le caratteristiche di chi voglio. I nomi li conosce più lui. Il tempo di vedere i campionati in giro non ce l'ho. La competenza di Fabio è superiore alla mia".
Sull'eredità di Allegri.
"Allegri lascia un'eredità pesante. Era difficilmente anche mentalmente da affrontare. Sappiamo che vincere quello che ha vinto lui non sarà semplice. Ha fatto un percorso straordinario, mi piacerebbe vedere nella squadra quello che Massimiliano gli ha dato, magari anche restare mezz'ora in difficoltà e poi in dieci minuti triturare la partita. A me è successo raramente ed è una gran cosa".
Integralista?
"Detto a uno che a Empoli cambiato diversi moduli tra Empoli, Napoli e Chelsea, mi sembra un po' troppo".
Cos'è il sarrismo?
"Sinceramente non lo so cos'è il sarrismo. Ho letto ulla treccani che è una filosofia calcistica e non solo. Io sono sempre statoquesto. Posso aver cambiato leggermente il mio modo di vedere il calcio e lavita per esperienza, ma sono rimasto una persona diretta. Ho bisogno di dire quello che penso e sentoire dagli altri quello che pensano. Questo porta a degli scontri. Ma sono risolvibili. L'irrisolvibile è il non detto, i rancori".
Su De Laurentiis
"Non ho sentito il presidente, con i quali tutti pensano che abbia un brutto rapporto. Io invece lo ringrazierò sempre. Mi ha fatto un regalo, allenare la squadra che tifavo da bambino. Poi possono esserci divergenze ma fa parte dei caratteri. Non ho sentito Aurelio, non dirò mai neanche sotto tortura i nomi dei giocatori che ho sentito, perché sono cose personali".
Ha sentito Allegri?
"Non ti dirò mai i nomi dei giocatori che ho sentito, perché sono conversazioni di carattere strettamente personale. Allegri? Non l'ho sentito, di solito d'estate ci sentiamo tramite amici comuni, ma al momento non l'ho sentito. Di solito è un cazzeggio, non parliamo di argomenti molto seri".
Ha sentito Higuain?
"Con Gonzalo al momento non ho parlato dopo la festa post finale di Baku. Come ho detto prima dovevo farmi le mie idee sulla Juve e su questo ambiente. Lui è un tesserato della Juventus e quando rientrerà avremo modo di parlarci. Convivenza con Ronaldo? Lui per qualità tecnica può giocare con chiunque, non lo vedo un grandissimo problema. Io dicevo che dipende da Gonzalo perché la mia sensazione è che Gonzalo abbia vissuto male il post Juventus e sia uscito un po' scosso dalla Juventus e abbia fatto una stagione in cui come sempre quando uno subisce un trauma emotivo succede. Se ha una reazione forte ha l'età giusta per fare ancora due o tre anni di grande livello".
Sullo stile Juve e sul suo dito medio in passato.
"Non so cosa sia lo stile Juve, io ieri mi sono trovato a cena con amici, non con etichette o differenze. Certe cose le ho dette, certe le ho sbagliate, altre strumentalizzate, ho visto una polemica sulle maglie a strisce che stanno strumentalizzando perché in realtà si tratta di una litigata con Orsato dopo un Empoli-Milan. La questione del dito medio è un errore da parte mia, una reazione esagerata da parte mia, ma penso che fu spiegata da parte mia anche nel post partita. Io andai in sala stampa e dissi che avevo fatto un brutto gesto, un eccesso di reazione nei confronti di 15-20 stupidi, non nei confronti della Juventus. Non ho niente contro i tifosi della Juve, sono stato sempre in panchina in mezzo ai tifosi, poi se in mezzo a 45.000 persone ci sono 10 stupidi che ti sputano e ti dicono 'terrone di merda', dovevo non reagire ma non li ritengo tifosi della Juventus".
Su Bernardeschi.
"E' un giocatore che mi piace, spesi parole belle per lui anche dopo Fiorentina-Napoli. Ha una qualità tipica dei grandi giocatori: la coordinazione. E' tecnico e coordinato. Mi piace molto, gli manca un po' di continuità perché lo vedo fare grandi partite e altre in cui può fare qualcosa di più. Secondo me è il momento della sua carriera in cui deve specializzarsi e iniziare a giocare con continuità in un solo ruolo. L'esperienze inglese, il mondo dei media inglesi ti fortifica. Quello che mi dispiace è che qui viene riportato solo quello che scrivevano i tabloid e non il Times o il Guardian, che usavano altri toni. Però gli attacchi che subisci, se li superi poi ti danno forza".
Dove deve migliorare la Juve?
"Non si tratta di un reparto o un singolo. Il mio modo di fare calcio è diverso, ma mi devo adattare e capire quanto il mio calcio può adattarsi alla Juve. Altrimenti diventa allenare se stessi e porto punti in meno. Devo capire quanto si può fare e quanto va lasciato nelle mani dei giocatori e delle loro caratteristiche. E' un discorso di filosofia. Se chiedi il mio parere, ti dico che vorrei vedere Pjanic toccare 150 palloni a partita, ma bisogna vedere se si può mettere in condizione. Io organizzo molto la palla per 70 metri, ma negli ultimi 30 metri ci sono principi da seguire stop. Ogni squadra è come un figlio, se educhi tre figli nella stessa maniera non crescono allo stesso modo. Vediamo cosa viene fuori, proviamo a continuare a vincere e divertire tutti".
LE PAROLE DI PARATICI Sui tempi lunghi della trattativa.
"Avevamo le idee chiare dall'inizio, ma bisogna avere rispetto di tutti i soggetti in campo. Ringrazio il Chelsea per la collaborazione. Bisogna rispettare tempi e formalità".
Sulla scelta di Sarri.
"Conta vincere, non c'è una ricetta per vincere o perdere. La scelta non è stata dettata né dal gioco né dai risultati. Il gioco non è statocentrale nella motivazione di cambiare. Abbiamo scelto Maurizio perché crediamo sia il migliore allenatore della Juve in questo momento, come prima pensavamo fosse conte e poi Allegri. Sono allenatori diversi. Ha mostrato grandi qualità. Credo sia il più adatto e il migliore in questo momento per allenare la Juve".
Sull'affondo decisivo.
"Abbiamo pensato che fosse il migliore per noi in questo momento. Non abbiamo guardato troppo all'esterno. Ci siamo concentrati sul nostro obiettivo che era Maurizio".
Su Pogba e Rabiot.
"Sono due grandi giocatori. Pogba è un giocatore del Manchester United, gli vogliamo bene, l'abbiamo fatto crescere. Noi su Rabiot facciamo la nostra corsa, come su tutti i giocatori che abbiamo in testa, ci siamo confrontati con Maurizio e poi decideremo".