La versione di Emelie

“Correre, vivere”: dice già tutto il titolo del primo libro di Emelie Forsberg. Più che un’autobiografia, un e vero e proprio manuale per la corsa in montagna.

“Volevo che questo libro fosse sulla vita. E siccome la corsa è una parte così importante di me, è diventato un libro sulla vita raccontata con la corsa come prospettiva: che cosa significa per me, dove mi ha portato, cosa mi ha dato e continua a darmi tutti i giorni. È una dichiarazione d’amore per la corsa. E visto che la corsa è vita, è anche una dichiarazione d’amore per la vita stessa”. (Emelie Forsberg)


Essere una celebrity dello skyrunning ed un’imprenditrice nel proprio campo di attività ma coltivare (letteralmente) il “pallino” per agricoltura e giardinaggio. Amare - della stessa passione - le ultramaratone in alta quota e le altrettanto lunghe ore in cucina a preparare leccornie rigorosamente vegetariane. Emelie Tina Forsberg è tutto questo e molto altro: lo abbiamo scoperto divorando “Correre, vivere”, l’autobiografia-manuale della 32enne campionessa svedese, da poco uscito in edizione italiana per Mulatero Editore (con la traduzione di Claudio Primavesi) già da settimane bestseller a livello globale. La miglior “scorciatoia” possibile per aumentare la conoscenza di una campionessa che ci aveva stupito stravincendo nel 2016 il Trofeo Kima in Val Masino, quattro anni dopo il suo esordio nella mitica gara valtellinese, due dopo aver ripetuto il secondo posto del debutto, pur con un errore di percorso, pagato con un migliaio di metri di salita e discesa da aggiungere ai già abbondanti 8400 di dislivello totale del Kima …! Sostituite nel titolo la terza voce singolare del verbo essere ad una semplice virgola ed otterrete forse un “messaggio” altrettanto essenziale ma ancora più fedele al contenuto del libro: “Correre è vivere”! Perché è proprio questo il senso ultimo dell’itinerario lungo il quale Emelie ci guida tra le pagine. Compagna nella vita del mito vivente della corsa in montagna Kilian Jornet (che ha firmato le bellissime foto del libro e con il quale Emelie risiede in una fattoria tra i fiordi norvegesi, quando non è in giro per il mondo per gare e spedizioni), neomamma della piccola Maj, nata all’inizio della primavera, la Forsberg ripercorre le tappe che l’hanno portata a diventare una delle più forti skyrunner di tutti i tempi, svelando al lettore tecniche di allenamento e suggerimenti in proposito, con l’accortezza (molto apprezzabile …!) di non fissare l’asticella troppo in alto, al suo livello … E se tutta la prima parte di “Correre, vivere” è dedicata allo skyrunning, la seconda dà spazio ad aspetti meno conosciuti e per certi versi altrettanto accattivanti della multiforme attività della Forsberg: cucina, agricoltura, giardinaggio e poi lo yoga, disciplina ed arte delle quale Emelie è istruttrice. Con un capitolo finale dedicato all’alpinismo himalayano, vissuto nella sua versione … più sostenibile, fatto di spedizioni veloci e leggere e di conseguenza alla portata solo dei fuoriclasse: come lei e come l’immancabile Kilian.

Senza dimenticare il talento della Forsberg per lo scialpinismo (praticato a livelli assoluti nei mesi invernali e primaverili: due vittorie al Trofeo Mezzalama, 2015 e 2017), vale però la pena tornare alla corsa in montagna ed Emelie (campionessa overall nelle World Series 2012, campionessa Sky Ultra dal 2013 al 2015), dopo il racconto dettagliato del suo esordio ai massimi livelli sulle Dolomiti prosegue con quello del momento chiave (probabilmente) della sua carriera, vissuto nella lontana isola di Reunion, alla “Diagonale des Fous”. 


“… Stavo entrando nella seconda notte di gara, correvo da quasi 20 ore e avevo deciso di ritirarmi al primo punto di rifornimento. Ero completamente convinta della mia decisione, sapendo anche che la mia stagione sciistica sarebbe iniziata dopo un paio di settimane. Mi sono seduta e ho detto ai volontari presenti che non avevo intenzione di continuare. Mi hanno chiesto se mi fossi fatta male, se sentissi dolore, o non fossi in grado di mangiare? Non avevo dolore e stavo morendo di fame. Perchè volevo smettere dunque? Perché era difficile? Perché avevo già corso sei ore in più della mia gara più lunga? Perché ero stata sveglia per 48 ore e volevo dormire? Avevo preso quella decisione correndo per decine di chilometri e per diverse ore. Mi sentivo a mio agio, semplicemente non volevo correre più. Ma quando mi sono vista da fuori, seduta a mangiare senza problemi e dolore, allora ho capito che non potevo mollare. Tutti i problemi che avevo in testa sono spariti in un attimo, Come avviene nella maggior parte delle situazioni se ci prendiamo un po’ di tempo per pensare e uscire da noi stessi. Guardo alle barriere come alla nebbia spessa: se si fa un passo verso quel grande buio, ci si rende conto che è solo aria! Così mi sono alzata e ho ricominciato a correre. La barriera che avevo creato nelle ore precedenti, le ragioni per cui volevo smettere di correre, sono volate via con il vento. Ed è stato così facile! Quell’ostacolo impossibile che avevo fatto nascere nella mia testa era appena scomparso!”


Arrivati all’ultima riga dell’ultimo capitolo, ammirata l’ultimo ritratto di Emelie, ciò che conta non è la profondità dei passaggi più significativi appena letti, oppure la spettacolarità delle immagini. Quanto piuttosto il desiderio di imitarla, seguirne le tracce (provarci, almeno!), impegnarsi per diventare, come lei, “la migliore versione di noi stessi”. Rimane, in buona sostanza, la voglia irresistibile di posare il volume, cambiarsi in fretta ed uscire a correre. Ed è proprio quello che abbiamo fatto alla fine di “Correre, vivere”! Con pensieri leggeri e l’eco di questa azzeccatissima "intuizione" in testa: “


Ogni tanto penso a Nero, il cane con il quale sono cresciuta. Era felice quando poteva correre veloce e lontano. E gratificato al rientro a casa, quando poteva mangiare. Sembrava proprio felice, praticamente come un runner”. (Emelie Forsberg)

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