A maggio scorso, in una lettera ai tifosi, aveva assicurato che sarebbe rimasto al comando della società ("se qualcuno pensa di farmi scappare, questo non succederà, non andrò da nessuna parte"), che avrebbe passato più tempo in città, che nessuno gli avrebbe impedito di "costruire una Roma grande e vincente". Da allora James Pallotta non solo non si è quasi mai visto nella Capitale, ma ha ormai deciso di cedere il passo vendendo la società al texano Dan Friedkin.
Si avvia così verso la conclusione l'era del tycoon di Boston, arrivato alla presidenza giallorossa nell'agosto del 2012 dopo il breve interregno di Thomas Di Benedetto. In otto anni Pallotta ha guidato un club in perenne trasformazione, in campo e fuori. A Trigoria si è registrato infatti un via vai di manager, ds, allenatori e giocatori.
L'unica costante della sua gestione, anche se con ruoli diversi nel corso del tempo, è stata la presenza-consulenza di Franco Baldini. La sua promessa di rendere grande la Roma è stata mantenuta solo a metà, visto che la squadra non ha comunque messo in bacheca nessun trofeo ("un grande rimpianto" le parole di Pallotta), pur occupando stabilmente le prime posizioni in Serie A e conquistando anche una storica semifinale di Champions League.
Certo, fuori dal campo la società è cresciuta, si è strutturata seguendo l'esempio dei grandi club europei, ha aumentato il proprio valore. Nel progetto iniziale di Pallotta è mancato il passo finale, quello legato allo stadio di proprietà. L'infinita attesa per il via libera per l'impianto di Tor di Valle alla fine ha spazientito i soci con cui ha investito nella Roma, costringendolo a valutare prima e intraprendere poi la strada della cessione.
Per una grande fetta di tifosi, poi, Pallotta resterà sempre il presidente che li ha etichettati come "fucking idiots", l'americano che ha allontanato da Trigoria i romani e romanisti Totti e De Rossi, il businessman che per far quadrare i conti ha realizzato plusvalenze milionarie vendendo i pezzi pregiati della squadra al miglior offerente rimandando così l'appuntamento con la vittoria. Motivi per cui, dopo le contestazioni, ora i tifosi giallorossi fanno festa sui social.