Sebbene sia difficile andare avanti non scendendo a patti con nessuno, se non con il proprio modo di essere, Carlo Mazzone ci è riuscito per 83 anni, compiuti proprio oggi 19 marzo. Allenatore storico del calcio italiano, recordman delle panchine in Serie A, da tutti affettuosamente chiamato “Carletto”, come Ancelotti. Forse perché figura paterna per molti giovani calciatori e tifosi, cresciuti con lui in panchina, che gli si sono affezionati durante i 38 anni di carriera. In effetti Mazzone è una figura che si è sempre distaccata nel panorama calcistico italiano: costantemente una voce fuori dal coro, che allo spettatore suonava come quella di un amico. Voce spesso diversa, sempre saggia, e pazienza se gli procurava inimicizie o scontri.
Un episodio su tutti, il derby Brescia-Atalanta del 30 settembre 2001, con la storica corsa sotto la curva del tifo ospite. Al “Rigamonti”, i padroni di casa, allenati da Mazzone, nel primo tempo erano sotto per 3-1. Gli ultras atalantini, ringalluzziti dal risultato favorevole, lo insultarono per tutta la gara: il mister a stento trattenne la rabbia. A un quarto d'ora dal termine Roberto Baggio segnò il 2-3: “Se famo er terzo vengo sotto 'a curva”, avvisò in rigoroso romanesco.
E 3-3 fu: decisiva una pennellata del Divin Codino su punizione. Mazzone diventò incontenibile e si produsse in un 100 metri storico al grido di “Li mortacci vostra”, inutili i tentativi dello staff tecnico di fermarlo. Solo la rete si frappose tra lui e i tifosi, altrimenti sarebbe andato volentieri faccia a faccia con loro. Tornando verso la panchina, un Pierluigi Collina divertito per la scena teatrale lo espulse, ma Mazzone lo anticipò: “Lo so già lo so già, vado fuori”. Uno contro tutti, voce isolata a ogni costo, al punto che cinque giornate di squalifica furono niente in confronto all'orgoglio da difendere.
Altri episodi storici sono legati alla sua verve trasteverina. Lui, romano di Roma, ha avuto la fortuna di allenare la sua squadra del cuore tra il 1993 e il 1996, viene citato spesso da Amedeo Carboni, ex difensore giallorosso. Durante l'intervallo di una partita, Mazzone lo strigliò per le troppe scorribande offensive: “Amedeo, quante partite hai fatto in serie A?". “350”. “E quanti gol?”, domandò Mazzone. "Quattro, mister". "Ecco, allora vorrei sapere 'ndo c***o vai!”.
E come dimenticare, agli inizi della carriera, la risposta al giornalista del “Corriere dello Sport” Alberto Marchesi: “Mister, riuscirete a pareggiare contro la Juventus?”. “Magari”. “E a vincere?”. “Seh, magara”. Perché “magara” conta molto più di un banale “magari”: regole ferree della grammatica romanesca che gli valsero il soprannome di “Sor Magara”. A chi gli rinfacciava di essere il Trapattoni dei poveri, Carletto rispondeva che il Trap era in realtà il Mazzone dei ricchi. Ed è sempre andato fiero della sua gavetta nel calcio di provincia, come quando un giornalista gli chiese l'emozione nell'allenare un Roma-Lazio: “Credo che, sul piano dell'intensità emozionale, uno che ha fatto Ascoli-Sambenedettese abbia provato tutto”.
Altre sue frasi sono impresse nella storia fino a diventare un cult: “Dicono che gli errori degli arbitri con il tempo si compensano. Allora dico: fate presto perché io sto quasi per andare in pensione e sto sempre in rosso”. Oppure il “Robbè, ma non lo vuoi fa' più il calciatore?”. Dove Robbè sta ovviamente per Roberto Baggio: Mazzone, nel 2000 allenatore del Brescia, lesse sul giornale che la Reggina era interessata al Divin Codino. Allora chiamò Baggio e lo convinse a giocare per lui: nacque un rapporto strettissimo, il numero 10 fece apporre una clausola sul contratto secondo la quale poteva andare via dal Brescia in caso di licenziamento di Mazzone. E quando a Carletto chiesero cosa ne pensasse di vedere giocare Totti e Baggio, rispose: “Li avessi avuti insieme forse mi sarebbero caduti meno capelli...”.
Mazzone nella sua carriera ha sempre privilegiato la dimensione tattica: “La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri” è una delle sue citazioni più famose. Ma solo con la tattica non si resta in sella alla Serie A a cavallo di quattro decenni. A questa va aggiunto perlomeno l'aspetto emotivo. Fermamente convinto che un allenatore dovesse fungere anche da secondo padre, era solito chiamare i genitori dei vari ragazzi, per confrontarsi con loro. Perché il calcio, per lui, ha avuto anche una funzione pedagogica. Logico che i grandi campioni lo ricordino anche sotto il profilo umano.
Tanti i fuoriclasse allenati: Baggio, Totti, Pirlo, ma anche Antognoni e Francescoli. Nessuno ha mai detto qualcosa di negativo sul mister. Alcuni, come Conte, Ranieri e Guardiola hanno intrapreso fortunatissime carriere di allenatore prendendo spunto anche dai suoi insegnamenti. Sono campioni che lo hanno sempre rispettato e amato. Ma non sono gli unici: è tutto il calcio italiano a inchinarsi al “Sor Magara”.