CIAO MAURIZIO

Caro Maurizio, è come non te ne fossi mai andato

Il ricordo di Mosca a dieci anni dalla scomparsa: un gigante del mestiere, un punto di riferimento per Sportmediaset

di

Dieci anni senza Maurizio Mosca

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Ho sempre trovato di cattivo gusto parlare di se stessi quando si ricorda chi non c’è più. Una forma quasi oscena di egocentrismo. Questa volta sono chiamato a sfidare un principio morale ma Maurizio mi perdonerà. Ho saputo della sua morte un sabato mattina di inizio Aprile, vigilia di Pasqua di campionato, da una serie infinita di sms (WhatsApp ancora non era stata inventata). Era da un po’ che non lo si vedeva ma tutti pensavamo fosse solo un periodo di assenza legato alla serie di controlli a cui doveva, sempre più spesso, sottoporsi. Per noi, cosiddetti giovani di redazione (ed eravamo comunque tutti intorno ai quaranta, chi più chi meno…), era il punto di riferimento di ogni giornata. Già, perché non c’era giorno (fosse anche Natale o Ferragosto) che non si presentasse a Cologno, un po’ perché eravamo diventati noi la sua famiglia molto perché il lavoro era la sua vita.

Non spetta a me ricordare che giornalista sia stato, i vent’anni passati alla Gazzetta dello Sport, l’invenzione di quello splendido periodico chiamato Supergol e le varie esperienze televisive. Per quelli della nostra generazione, e soprattutto per quella successiva, Mosca era il guitto dell’Appello del Martedì, delle pagliacciate sulle tv locali, dei racconti pirotecnici come quelli che ancora circolano sul web. Con la puzza sotto il naso tipica di quelli che giudicano senza conoscere le persone, mi sono avvicinato con diffidenza a quello che vedevo soltanto come un noto personaggio televisivo.

È bastato parlargli un quarto d’ora per cambiare idea. Una simpatia coinvolgente e un senso dell’umorismo da comico vero, con tempi perfetti, con la battuta giusta detta al momento giusto. Geniale. Un’umanità spontanea, disinteressata, da rappresentante perfetto di quella borghesia milanese da “coeur in man” scomparsa quasi totalmente così come un dialetto bellissimo sostituito da una parlata fatta di vocali aperte su un mondo di aperitivi e weekend da pianificare.

Non è il caso comunque di santificarlo, come spesso capita quando si ricordano i morti. Anche lui aveva i suoi difetti e nelle giornate storte era meglio evitarlo. Onestamente va detto che capitava di rado e che dopo poco ritornava disponibile come sempre.

Purtroppo posso parlare solo degli ultimi anni della sua vita, non so come sia stato prima. So solo che è stato un gigante di questo mestiere e ha avuto la fortuna di assistere solo all’inizio del declino di una professione a cui ha dedicato la vita. Quante risate ci siamo fatti con le sue uscite fulminanti, la sua agenda di numeri di telefono fatta di fogli scompaginati con nomi e numeri di telefono messi a caso (sotto Cossiga, per esempio, c’era Moira Orfei), le chiamate ai vip nei giorni di festa.

Un lunedì di Pasqua lo abbiamo convinto a chiamare il Papa, allora Benedetto XVI, per fargli gli auguri. Lui è partito dal centralino del Vaticano, ha chiesto del suo segretario, Padre George, e alla risposta di una centralinista allibita che gli spiegava che erano entrambi a Castelgandolfo, Maurizio ha chiuso la telefonata dicendo: “allora faccia una bella cosa, me li saluti tutti e due”.

Per noi non se n’è mai andato ed è uno dei pochi casi in cui non è una frase fatta visto che non passa giorno in cui non ci si rimbalzi un aneddoto, una battuta, una sua imitazione. Quante volte ci siamo chiesti in questi anni: “chissà cosa avrebbe detto Mosca…”. Sarebbe bello potergli parlare anche solo per qualche minuto per chiedergli cosa ne pensi di questo tempo sospeso, di paura, di sirene, di bollettini di guerra quotidiani. Di certo si sarebbe presentato ogni giorno al lavoro.

Così, ogni volta che ci chiediamo perché rischiamo quotidianamente per garantire un’informazione sportiva in un momento in cui lo sport non c’è, riusciamo a trovare la forza per andare avanti pensando all’esempio di un quasi settantenne malato che si presentava in redazione anche se nessuno glielo chiedeva. Solo per amore di questo mestiere. Ciao Maurizio, goditi quella pace che ti meriti. E quando ti prendi una pausa dalle discussioni sul Var con San Pietro, butta un occhio quaggiù. Se non altro per vedere che ti ricordiamo sempre. E che ti vogliamo ancora bene.

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