LA TESTIMONIANZA

Coronavirus, il racconto di uno studente-atleta alla Columbia: "New York è spettrale, ci si è mossi in colpevole ritardo"

Fabio Reato a SportMediaset: "Si sono mossi con la bomba già esplosa". Poi i problemi di visto e consapevolezza di altri due ragazzi italiani

© Columbia University Athletics/Mike McLaughlin

Times Square, Fifth Avenue e in buona parte anche Central Park. New York è deserta, la pandemia di Covid-19 è esplosa esponenzialmente in una delle città più belle e popolose del mondo, mandandola ko, facendola diventare spettrale oltre che l'epicentro della questione. Nella città che non dorme mai è sparito anche il traffico e, nonostante non ci sia un divieto di uscire per strada, le immagini che arrivano dicono più di settimane di parole buttate lì. La vita di tutti è cambiata negli Stati Uniti, comprese quelle delle centinaia di studenti-atleti italiani che ora si trovano bloccati tra dormitori e amici di famiglia, senza poter iniziare o proseguire la propria stagione sportiva al college e lontano dalle famiglie.

"Fino a questo momento ho vissuto New York da "vero New Yorker" come direbbero loro. Camminata alla mattina in mezzo alla folla per raggiungere la metro, poi dentro i vagoni con un numero illimitato di persone - ha raccontato a SportMediaset.it Fabio Reato, cresciuto nelle giovanili del Milan e con un passato da professionista in Lega Pro, oggi studende alla Columbia University -. Quando sei abituato a vedere una città cosi iperattiva e piena di energia completamente deserta sicuramente l'effetto è grande. Devo dire che la città sta rispondendo alla grande e che le strade sono quasi praticamente deserte, segno di un grande rispetto nelle regole. Qui non c'è l'obbligo di stare in casa che imporrebbe multe e sanzioni in caso fosse violato (come in Italia), ma la gente sta mostrando senso di responsabilità. I supermercati consentono l'ingresso soltanto a 50 persone alla volta, ma sono sempre ben forniti".

Fabio vive a New York da circa un anno, ma le cose sono cambiate rapidamente: "Dopo un anno e mezzo alla Rockhurst University di Kansas City sono riuscito a fare un transfer alla Columbia University, dove attualmente studio. Ora si sta in casa, si esce solo per lo stretto necessario usando le massime precauzioni". Uno scenario che, da italiano, ha potuto anticipare e prevedere forse più dei colleghi statunitensi: "Negli USA ora si sta facendo tantissimo. Gli operatori sanitari si stanno dimostrando eccezionali. Se posso fare un appunto è che non si è fatto abbastanza prima. Fino a 2 settimane fa sembrava che in America il virus non esistesse e non si é fatto praticamente nulla per "scoprirlo". Quando parlavo con gente e mi veniva espressa solidarietà per quanto succedeva in Italia rimanevo sbalordito di quanto non fossero consapevoli che questo sarebbe stato un problema globale e che gli USA sarebbero stati travolti anche loro. È impossibile non pensare che se ci sia un virus nel mondo, uno dei primi posti dove possa arrivare è New York dato in questa città milioni di persone vanno vengono ogni giorno da ogni parte del mondo. Quando si è iniziato ad affrontare il problema ormai la bomba era già esplosa".

Anche la vita all'interno della Columbia è cambiata repentinamente: "E' stata eccezionale da questo punto di vista. Ben prima che si entrasse nel pieno dell'emergenza hanno deciso di chiudere il campus e passare alle lezioni online, per far si che non si creassero più centri di aggregazione che potessero alzare i rischi di contagio tra studenti e staff. Quasi tutti i ragazzi sono stati invitati a liberare i loro dormitori, eccezion fatta per gli studenti internazionali che potevano e possono ancora usufruire delle loro stanze nel campus. Ovviamente tutto lo sport é temporaneamente fermo negli USA".

Fabio Reato ha raccontato a SportMediaset.it di non aver provato a tornare in Italia in questo periodo, mentre un altro studente-atleta, Francesco Brunetti di University of Evansville avrebbe voluto, ma ha preferito non farlo per non mettere in pericolo il proprio visto. E questo è un problema comune a molti: " Il tipo di visto che ho io è F-1 per studenti universitari che fanno una laurea quadriennale - ha raccontato da San Francisco a SportMediaset.it. Questo visto ha un durata di 5 anni che è il periodo massimo in cui ti puoi laureare. Per mantenerlo ogni semestre devi avere almeno 12 ore a settimana di lezioni faccia a faccia con il professore. Nel caso tu non riesca a fare le 12 ore faccia a faccia vieni considerato uno studente online quindi non essendo americano non potrei stare nel Paese. La mia paura di adesso è quella che, tornando a casa, non riesca poi a rientrare ad agosto per l’inizio delle lezioni faccia a faccia. Se non mi presentassi alle lezioni faccia a faccia perderei il visto F1 da studente. La stagione calcistica è stata ovviamente fermata, proveranno a farla slittare ma sarà dura riprendere. Dovrei giocare anche in USL2 con una squadra del Texas, ma anche lì è complicato".

La situazione per le strade di San Francisco e della California è simile a quella di New York, mentre qualcosa di diverso - ma comunque strano - accade in Florida, tra Orlando e Miami, come ci ha accennato Tommaso Vitale, studente della New York University ora in Florida a casa di amici: "La situazione in Florida è stata abbastanza naive. A Miami è tutto chiuso eccezion fatta per i "groceries", ma c'è da dire che rispetto a New York o altre grandi città, la densità di popolazione è più bassa. Inoltre Miami è una città più outdoor ed è normale che ci sia più gente in giro a correre o fare sport individuali". A preoccupare da quelle parti nei giorni scorsi è stato lo Spring Break e la mancanza di consapevolezza del pericolo di molti giovani: "Io la consapevolezza della gravità della situazione ce l'ho sempre avuta - ha raccontato Tommaso -, da italiano ho vissuto tutto prima. Però il video che è girato sul web dei ragazzi disinteressati alla pandemia mi ha fatto pensare. Dare fiducia alle persone è un'arma a doppio taglio".

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