In attesa di vedere la luce in fondo al tunnel dell'emergenza coronavirus, la Premier League pianifica la ripresa del campionato. Calendario alla mano, al momento l'unica certezza è che sarà un tour de force. I vertici del calcio inglese stanno ipotizzando infatti di giocare a giugno a ritmo serratissimo con stadi senza pubblico e dirette tv in chiaro. Uno scenario che potrebbe consentire alla Premier di completare la stagione 2019/2020 in tempi ragionevoli e di pensare poi al mercato e alla prossima stagione.
Tutto con un occhio molto attento al presente e alle sue problematiche. Al netto della ricetta per tornare a giocare, infatti, in Inghilterra tengono banco i dubbi riguardanti la difficile trattativa sulla riduzione dei costi per lo tsunami economico e sul taglio degli ingaggi. Fallito il tentativo di un accordo collettivo, anche Oltemanica saranno i singoli club della Premier League a dover trovare un'intesa con i propri tesserati per l'auspicata riduzione degli stipendi.
Venerdi' scorso le 20 società della massima divisione avevano proposto un taglio orizzontale degli ingaggi pari al 30% annuo. Una proposta respinta subito al mittente dal sindacato dei calciatori, disposti sì a sostenere sacrifici economici, ma solo a determinate condizioni. "I giocatori - ha spiegato la Players' Football Association - pretendono l'ultima parola sull'utilizzo delle loro decurtazioni salariali, preoccupati che i tagli finiscano per privare lo Stato di enormi introiti (sotto forma di mancato gettito fiscale) proprio nel momento di massimo bisogno".
Chi si aspettava una rapida soluzione della trattativa, dunque, è rimasto deluso. Nonostante la crescente pressione sui giocatori da parte dell'opinione pubblica, infatti, le parti appaiono sempre più lontane. Oggi anche il ministro della Cultura Oliver Dowden si è detto "profondamente preoccupato" che il protrarsi di questa vertenza, sempre più tesa, possa danneggiare il buon nome del calcio.
Di fronte al grido d'allarme della Premier League, che prefigura perdite fino ad un miliardo di euro, del resto i giocatori hanno anche richiesto maggiori dettagli sullo stato finanziario dei rispettivi club, prima di accettare tagli o pagamenti dilazionati nel tempo. Anche perché differiscono, e non poco, le strategie assunte dai singoli club in quest'ultima settimana.
Se, per esempio, le due società di Manchester hanno garantito il pieno pagamento degli stipendi a tutti i loro dipendenti, senza alcuna eccezione, altre top-team, come Liverpool e Tottenham, sono già ricorse agli ammortizzatori sociali, predisposte da Downing Street, dopo aver messo in congedo non retribuito tutti i loro lavoratori (non direttamente coinvolti nel settore sportivo). Decisioni che hanno fatto infuriare i tifosi, delusi ugualmente dalle reticenze dei loro idoli così come da chi gestisce le finanze delle loro squadre del cuore.