IL COMMENTO

I club decidano: allenamenti o taglio di stipendi

Se il calcio ripartisse, come chiesto da gran parte delle società, si dovrebbe ragionare solo sugli emolumenti del mese di totale inattività

di

Non si può non riconoscere al presidente della Lazio Claudio Lotito un’assoluta coerenza. È stato il primo a dire che il campionato si doveva terminare e ora gran parte delle società professionistiche condividono il suo parere. Adesso chiede, anzi continua a chiedere, la ripresa immediata degli allenamenti. Lotito, pur riconoscendo la gravità della crisi pandemica e i rischi per la salute dei suoi dipendenti, sottolinea tre cose.

I giocatori non sono lavoratori qualunque perché possono beneficiare di un costante controllo medico. In centri sportivi come quello della Lazio, a Formello, non ci sarebbero rischi di sovraffollamento o di non rispetto delle distanze. Infine i calciatori, per la loro peculiare attività, hanno bisogno di mantenere un costante allenamento per svolgere la propria professione. Uno stop dell’attività fisica prolungato per due o tre mesi rischia di mettere a repentaglio la salute dei calciatori esponendoli al rischio di gravi infortuni.

Argomentazioni non certo prive di fondamento. Ma, nelle drammatiche conseguenze sul piano economico della pandemia, i problemi si sommano e non si elidono. Dunque se ripartissero gli allenamenti che senso avrebbe il taglio degli stipendi? Tema che continua a infiammare il dibattito nel mondo del calcio. Non ci vuole un giuslavorista per capire che l’allenamento è parte integrante del lavoro di un calciatore. Ma facciamo un po’ di conti.

L’ultima partita ufficiale in Serie A si è disputata domenica 8 marzo (il posticipo Juventus-Inter a porte chiuse). Gli allenamenti sono stati sospesi in tutta Italia nel giro di una settimana. Dunque se ricominciassero gli allenamenti, ad esempio dopo Pasqua, i giocatori non avrebbero lavorato per un mese soltanto. A questo punto sorge un quesito. Se i giocatori tornano al lavoro, cioè si allenano, non dovrebbe esserci nessun taglio degli stipendi. Si potrebbe solo ragionare sugli emolumenti delle quattro settimane di totale inattività tra marzo e aprile. Una decisione è interdipendente all’altra.

A dare credibilità alla richiesta di Lotito anche il fatto che prima o poi il governo dovrà varare la cosiddetta “fase due”. Ovvero riaprire gradualmente le attività economiche per non affondare definitivamente l’Italia. Nel caso si arrivasse a questa svolta, peraltro attesa dopo Pasqua (numeri della tragedia coronavirus permettendo), il calcio potrebbe rientrare nelle attività per le quali è consentito il ritorno al lavoro. Per la soddisfazione di Lotito ma anche della maggior parte dei calciatori. Per loro non ci sono in ballo solo stipendi o valori di mercato ma anche e soprattutto l’integrità atletica.

Notizie del Giorno

VENEZIA, DUNCAN RIENTRA IN GRUPPO

TUDOR: "FASE DIFENSIVA È FORZA DI THIAGO MOTTA"

INCHIESTA CURVE, UN FERMO PER TENTATO OMICIDIO DEL 2019

OSIMHEN: "AL GALATASARAY SONO FELICE"

NUOVO CEO PER LA KINGS LEAGUE (CHE APPRODA IN ITALIA)