Sono passati 5 anni da quel 10 aprile 2015 in cui un ispirato Danilo Gallinari firmò 47 punti con la canotta dei Denver Nuggets, battendo il record per un giocatore italiano nella National Basketball Association. Un record inutile per il risultato finale (i Dallas Mavericks, avversari di serata, vinsero 144-143 dopo due overtime), ma che resta nella memoria dei tifosi come una delle prestazioni individuali più memorabili del Gallo.
Siamo quasi al termine della regular season 2014/15: i Nuggets hanno già da tempo abbandonato il sogno playoff dopo un anno deludente, contraddistinto dal fallimento del progetto tecnico di Brian Shaw. Davanti al pubblico amico del Pepsi Center, la squadra ora allenata da Melvin Hunt affronta il 10 aprile i Dallas Mavericks, compagine in piena corsa per un posto ai playoff, cui serve una vittoria per qualificarsi alla fase finale della stagione NBA ed evitare la pericolosa lotta per l’ottava testa di serie che coinvolge New Orleans Pelicans e Oklahoma City Thunder. Nel quintetto base dei Nuggets c’è un Danilo Gallinari in forma più che discreta: superato definitivamente il brutto infortunio dell’anno precedente, viaggia a oltre 12 punti e 3 rimbalzi di media, tira da tre col 35% e solo pochi giorni prima, il 22 marzo 2015, ha aggiornato il record di punti personale, segnandone 40 agli Orlando Magic e avvicinando il primato per un italiano in NBA firmato da Andrea Bargnani nel dicembre 2010 (41 punti nel match vinto da Toronto contro New York: Gallinari era fra l’altro presente con la canotta dei Knicks e segnò 20 punti). Il primo tempo, però, è interamente di marca Mavericks: dopo 24 minuti di gioco il punteggio è di 73-52 per gli ospiti, trascinati dai veterani Dirk Nowitzki, Amar’e Stoudamire e Richard Jefferson. Gallinari è un po’ timido e arriva all’intervallo con 9 punti nel proprio carniere. Nel secondo tempo, però, cambia tutto: il Gallo prende in mano la sua squadra e la trascina a un’incredibile rimonta, con tre bombe nel terzo periodo e 21 punti complessivi nel secondo tempo che cambiano totalmente l’inerzia dell’incontro. Alla sirena è 121 pari, Gallinari è arrivato a quota 30 e non ha intenzione di smettere di segnare: nel primo supplementare segna 8 dei 13 punti dei suoi, ma Dallas risponde e porta il match al secondo overtime, in cui il ragazzo di Sant’Angelo Lodigiano segna tutti i 9 punti dei Nuggets arrivando a quota 47, ma è costretto alla sconfitta finale dall’inatteso exploit di Raymond Felton (7 punti nel secondo supplementare dopo averne segnati 6 nei 53 minuti precedenti), che consegna la vittoria a Dallas.
Nonostante la sconfitta, le lodi sono tutte per il numero 8 di Denver e non è un caso che coach Hunt dica a fine partita: “Gallo è un giocatore speciale”. La sua avventura in Colorado dura altri due anni, ma è avara di soddisfazioni: nel 2015/16 i Nuggets confermano di non essere competitivi per raggiungere la zona playoff (nonostante i 19,5 punti di media del Gallo) e nel 2016/17, pur con un netto miglioramento complessivo, mancano la postseason per una sola partita di distacco rispetto ai Portland Trail Blazers. La carriera di Gallinari prosegue poi a Los Angeles, sponda Clippers, dove trova la definitiva consacrazione grazie soprattutto a una stagione 2018/19 da 19,8 punti e 6,1 rimbalzi e a un’avventura playoff in cui, pur durando solo un turno, i Clippers quasi riescono a mettere i bastoni tra le ruote ai Golden State Warriors. L’ultimo scambio, quello che lo porta ad Oklahoma City, ne ha confermato l’attitudine, il talento e le qualità di trascinatore: al momento della sospensione della stagione per l’emergenza Coronavirus, i Thunder contano 40 vittorie e 24 sconfitte e Gallinari è il secondo realizzatore della squadra con 19.2 punti (un decimo di punto in meno rispetto a Shai Gilgeous-Alexander). E’ inoltre il miglior tiratore da tre della squadra con il 40,9% di triple messe a segno, una percentuale di altissimo livello visto l’impatto del gioco da lontano nella NBA moderna. La curiosità di vedere cosa avrebbe fatto (o potrebbe ancora fare, visto che non ci sono ancora decisioni ufficiali) da qui alla fine della stagione è tanta, ma per adesso dobbiamo accontentarci di vedere in retrospettiva le imprese già compiute in una carriera che in ogni caso resterà nella storia della pallacanestro NBA in salsa tricolore.