Dopo il Liverpool, anche il Tottenham fa retromarcia sull'onda dell'indignazione di tifosi ed ex giocatori per aver messo in cassa integrazione i dipendenti a causa dell'emergenza coronavirus. Gli Spurs, attraverso un comunicato ufficiale, hanno annunciato che pagheranno lo stipendio per intero delle mensilità di aprile e maggio. Le riduzioni salariali saranno applicate solo ai dirigenti del club.
Dopo giorni di polemiche il club londinese ha fatto un'inversione a U, rinunciando al “Coronavirus Job Retention Scheme”, il bazooka da oltre 300 miliardi di sterline sfoderato dal Governo Johnson per evitare il collasso dell’economia.
Ma cosa prevede il CJRS? I datori di lavoro, praticamente di tutti i tipi di società, possono mettere “on furlough” (una sorta di cassa integrazione, ndr) i propri dipendenti con lo Stato che paga l’80% (lordo) del loro stipendio, fino a un massimo di 2500 sterline al mese. Questo può avvenire solamente previo un accordo tra datore e dipendenti (difficilmente questi ultimi direbbero di no, con il rischio di non avere più uno stipendio né un lavoro) e, se volesse, il restante 20% potrebbe essere aggiunto dal datore di lavoro. Un provvedimento che vale per ora tre mesi, da marzo a maggio, prorogabile dal Governo.
A suscitare l'ira dei tifosi il fatto che a ricorrere a tale strumento in un periodo di emergenza per l'intera economia inglese fossero proprio i club più ricchi. E se il Liverpool ha fatto marcia indietro quasi all'istante, in casa Tottenham ci hanno messo un po' più tempo prima di piegarsi alle rimostranze dei propri sostenitori.