Una squadra che incanta, e che avrebbe chiuso terza in campionato dietro Milan e Juventus: era il Torino di Emiliano Mondonico, che in campo poteva mandare Lentini, Casagrande, Scifo, Martin Vazquez, insieme ai grintosi Bruno, Annoni, Fusi, Cravero. I granata andarono molto lontano anche in Europa: e in Coppa Uefa, il 15 aprile 1992, si presero il lusso di battere per 2-0 il grande Real Madrid ribaltando il 2-1 dell'andata. Centrando la prima finale continentale della propria illustre storia.
La storia del calcio è piena di piccole grandi storie, di imprese che diventano un classico quando ancora il triplice fischio dell'arbitro non ha chiuso le fatidiche ostilità. Di leggende che diventano tali in tempo reale, senza nemmeno che occorra il gelido e ineluttabile trascorrere degli anni a cospargerle della brina del mito. E sicuramente tutto questo diventa ancora più facile se a cadere sono dei giganti, incastonati nella storia dello sport sulla base di un nome immortale e di una bacheca strabordante di trofei, che per una volta sono costretti a piegarsi di fronte ai più classici protagonisti di una favola. Nonostante, come in questo caso, la storia parli anche per loro. Anche se da decenni quella storia ha spesso lasciato il posto al destino. Spesso amaro.
Anche per questo fu particolarmente dolce il 15 aprile 1992 essere un tifoso del Torino, o anche solamente provare stima, simpatia, compartecipazione per quei colori granata troppo spesso presi di mira da un fato maledetto. Dallo schianto di Superga alla tragedia di Meroni, soprattutto. Ma passando anche per campionati persi in maniera incredibile, epiche sconfitte, pazzesche retrocessioni. Un campionario di brutti ricordi che per una notte furono tutti chiusi a chiave in un cassetto, lasciando finalmente i sogni liberi di volare sopra il cielo piemontese.
Quello del 1991-'92 era un gran bel Torino: giovane, equilibrato, ben assortito, sia tecnico che muscolare. E grintoso, una caratteristica che chi sanguina granata non può che apprezzare. Agli ordini di mister Emiliano Mondonico, quell'interessantissimo connubio di esperienza anche internazionale (in campo c'erano Scifo, Casagrande e un ex come Martin Vazquez) e giovani speranze cresciute in casa (su tutti un certo Gigi Lentini) stava onorando nel migliore dei modi la qualificazione all'Europa: sul suo cammino in Coppa Uefa aveva già fatto cadere Kr Reykjavik, Boavista, Aek Atene, Bk Copenhagen. Poi l'abbinamento con il Real Madrid: difficile poter concretamente sperare di spingersi più in là. Ma mai sottovalutare un cuore granata.
Al Santiago Bernabeu il Toro aveva sì perso, ma conservando integre le proprie ossa. Anzi, ancora una volta era stato costretto a storcere il naso dopo aver visto l'iniziale vantaggio di Casagrande rimontato da Hagi e Hierro. Solo due delle tante stelle a disposizione del tecnico delle Merengues Leo Beenhakker. E così due settimane dopo sull'erba del Delle Alpi scesero Butragueño e Míchel, Paco Llorente e un giovane Luis Enrique, i già citati Hagi e Hierro. Dall'altra parte un Torino tutt'altro che in preda a timori reverenziali di sorta.
Una volta tanto furono i Blancos a subire l'ambiente avversario, in uno stadio tutto granata e traboccante di passione. I 60mila del Delle Alpi poterono esultare dopo appena 7 minuti, quando Lentini tentò il cross per Casagrande, Rocha arrivò goffamente sul pallone e batté il suo portiere Buyo. Una gioia a metà, serviva un altro gol. Questo Torino però non ci stava a farsi ancora una volta schiacciare dal peso di un destino stregato, e trascorse i successivi 83 minuti con l'unico, testardo obiettivo di riprendersi un posto nella mappa del calcio. E ci riuscì, al minuto 76 (l'anno dell'ultimo scudetto, per chi non crede alle coincidenze): altra azione tambureggiante del gioiello Lentini, palla al centro e deviazione decisiva in scivolata di Luca Fusi. Non un fuoriclasse del pallone, ma un ragazzo tutto cuore, tempra, grinta e polmoni. Un portacolori perfetto del proverbiale tremendismo granata.
La missione era compiuta: il Torino era in una finale europea, per la prima volta nella sua gloriosa storia. E lo era dopo aver battuto nientemeno che il Real Madrid. Una vera e propria favola. Destinata una volta ancora a finire amaramente: Amsterdam, la sfida contro l'Ajax, i tre pali, il rigore negato a Cravero. La sedia di mister Mondonico. E il solito vecchio Torino che ancora una volta viene piegato da un fato avverso. Ma questa è un'altra storia.