OBIETTIVO DI MERCATO

Inter, Werner ha già le spalle larghe: è il bomber della squadra più odiata di Germania

L'attaccante rappresenta il fiore all'occhiello del Lipsia, club che ha scalato i vertici del calcio tedesco grazie agli investimenti della Red Bull

Quando un calciatore finisce nella lista dei desideri di una grande squadra, uno dei primi criteri da rispettare è la personalità. Saper reggere la pressione è fondamentale per giocare in grandi palcoscenici: in assenza di questa qualità, difficilmente un club di rango si siede al tavolo per una trattativa. Anche per questo motivo l'Inter è interessata a Timo Werner: l'attaccante tedesco convive infatti da quattro anni con gli insulti di tutta la Germania.

Sono due i motivi principali: la squadra di cui è il cannoniere e una simulazione che risale a quattro anni fa. Andiamo con ordine e partiamo dal team di appartenenza, il Lipsia. Il club fa parte dell'universo Red Bull (che comprende anche Salisburgo, New York e due scuderie di Formula 1): per distacco è il più odiato della Germania. Al tifo tedesco non va giù che una multinazionale venuta dall'estero abbia rilevato nel 2009 un club sconosciuto e dalle sue ceneri abbia costruito una macchina da guerra con l'aggiramento di due importanti norme federali. Risale infatti a quell'anno l'acquisizione del SSV Markranstädt, piccolo club di quinta divisione, e la creazione del RasenBallsport Leipzig, cambiando anche stemma e colori sociali. Primo artificio: siccome la federcalcio non ammette la presenza di un marchio commerciale nel nome dei club, Red Bull si inventa un “RasenBallsport” che - tradotto letteralmente - significa “sport della palla sul prato”. Ma nessuno chiamerebbe una squadra così, dunque viene usato l'acronimo RB Leipzig, che rimanda alla multinazionale austriaca. 

La federcalcio in passato aveva ammesso eccezioni come quelle del Bayer Leverkusen e del Wolfsburg perché riguardavano aziende tedesche che hanno dato milioni di posti di lavoro al Paese e si sono impegnate a rimanere a lungo nel “Fußball”. Questa volta storce il naso ma incassa. I tifosi dei club storici mugugnano ma fino a un certo punto, d'altronde il Lipsia nel 2009 è nei bassifondi del calcio tedesco. Tuttavia, con investimenti fuori scala per le categorie minori, la “squadra-azienda” passa in sette anni dalla quinta divisione alla Bundesliga. È già il club più odiato della Germania, perché nel 2014 aveva aggirato un'altra regola, quella del cosiddetto “50+1”: per contrastare posizioni dominanti di un singolo, nessun privato può possedere la maggioranza di una squadra, che viceversa appartiene alla tifoseria. I fan pagano una quota d'iscrizione e hanno diritto di voto nelle assemblee direzionali: stando a cifre del 2016, gli affiliati del Borussia Dortmund erano circa 140mila, quelli del Lipsia 17 unità (alcuni erano impiegati della Red Bull). Che dovevano pagare circa 900 euro a testa tra costi di iscrizione e rinnovo, mentre un tifoso del Bayern Monaco doveva sborsare al massimo 60 euro annuali. Chiaro che con questo sistema l'azienda passa a controllare anche la quota popolare fino a detenere il 100% delle azioni societarie, sebbene formalmente operi nel rispetto delle regole. Il Lipsia, dunque, da Cenerentola diventa il bersaglio numero uno della Bundesliga: in ogni turno di campionato c'è uno striscione contro la sua proprietà; addirittura i tifosi della Dinamo Dresda, in un turno di Coppa proprio contro i biancorossi, hanno lanciato in campo una testa di toro mozzata in chiaro riferimento alla Red Bull. Malgrado tutte le critiche, la squadra ora allenata da Julian Nagelsmann è terza in campionato e al primo colpo ha raggiunto uno storico quarto di finale in Champions League, eliminando il Tottenham finalista nella scorsa edizione.

La lezione di calcio impartita a José Mourinho (4-0 nel doppio confronto) è passata anche dai piedi di Timo Werner, autore del rigore che ha piegato gli Spurs all'andata. Werner è il simbolo della punta moderna: rapida, completa, spazia su tutto il fronte d'attacco e spesso costringe i centrali avversari a sganciarsi di parecchio per marcarlo. Ha infranto molti record di precocità del calcio tedesco e ha solo 24 anni, l'età giusta per fare il definitivo scatto di carriera. Con il Lipsia il bilancio è di 88 gol in 150 partite. Magico l'ultimo anno: 21 reti in appena 25 gare di Bundesliga, mentre in Champions League è andato a segno quattro volte. A dimostrare quanto sia abile nella manovra, ha realizzato anche 12 assist in stagione. Insomma, una manna per tutti i top club, e l'Inter ha da tempo messo gli occhi su questo gioiello. Che ha voglia di attraversare i confini a breve: Werner, infatti, è il calciatore più odiato della Germania. Questo sentimento è abbastanza trasversale e coinvolge non solo le tifoserie rivali, ma anche la società: nel 2017 fu pubblicato un video in cui veniva insultato da tre poliziotti con i cori da stadio; addirittura il bomber è stato attaccato ai Mondiali di freccette. Nemmeno i concerti lo risparmiano. Il motivo? Una simulazione evidente in Lipsia-Schalke del 3 dicembre 2016: con questa furbata si procurò un rigore e lo trasformò, non pentendosi del gesto e anzi difendendosi nel post-gara. Da quel giorno divenne il nemico pubblico negli stadi e le prestazioni scialbe al Mondiale 2018 non lo hanno certo aiutato a ricucire i rapporti con i tifosi della “Mannschaft”. Non si può dunque dire che Werner abbia le spalle piccole: da anni gioca contro tutto e tutti. Ma attenzione: soffrirebbe di una patologia circolatoria che coinvolge l'udito, rendendo quest'ultimo estremamente sensibile ai rumori forti. Come quelli dei fischi di uno stadio. Addirittura, durante una partita di Europa League contro il Besiktas, il bomber chiese il cambio dopo mezz'ora, in preda a nausea e giramenti di testa. A San Siro, che si intende di attaccanti tedeschi (come Rummenigge e Klinsmann), non sarebbe certo un problema.

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