La prima volta e l'ultima, almeno per il momento. L'Europa scopre il Parma il 12 maggio 1993, quando i ragazzi di Nevio Scala tre anni dopo la promozione in serie A si prendono la Coppa delle Coppe a Wembley battendo per 3-1 l'Anversa. Nel 1999, sempre un 12 maggio, arriva la Coppa Uefa nella finale di Mosca: il Marsiglia cade 3-0 contro un Parma ormai a pieno titolo nei panni della big continentale. Non consapevole che l'incubo è dietro l'angolo.
Un giorno nel destino di una squadra, che si affacciò sul grande palcoscenico internazionale e poi raccolse quella che a tutt'oggi resta il suo più recente exploit quando sul calendario era indicato la stessa giornata: il 12 maggio. E nel secondo caso, peraltro, diede vita a una specie di sortilegio in corso ancora adesso. Stiamo parlando del Parma europeo degli anni '90, del suo primo trofeo vinto e del suo ultimo, culmine di una cavancata tanto breve quanto esaltante. Riavvolgiamo il nastro: a cavallo tra gli anni '80 e gli anni '90 il Parma è ancora una realtà assolutamente periferica del calcio nostrano, una piccola squadra di una ricca città che mai si è spinta oltre un paio di decine di partecipazioni alla serie B.
Questo il suo picco storico. Lo storico presidente Ernesto Ceresini, alla guida del club dal 1976, capisce che è giunto il momento di un salto di qualità che attua in due tranche. La prima prende il via nel 1987, con la nuova sponsorizzazione da parte della Parmalat (che dopo aver mostrato il proprio marchio nelle tv di tutto il mondo grazie alla Formula 1 decide di mettersi al centro di un ambizioso progetto calcistico). La seconda invece è tecnica, e si concretizza nel 1989 con l'ingaggio di Nevio Scala come allenatore. Sarà lui a concretizzare la storica, prima promozione in serie A nel 1990, poi l'immediata qualificazione alla Coppa Uefa, la conquista della Coppa Italia nel 1992 e l'avventura in Coppa delle Coppe. Che prosegue inarrestabile fino alla finale. L'inizio di quel Parma è timido, con i non particolarmente temibili ungheresi dell'Ujpest eliminati dopo un 1-0 al Tardini e un 1-1 in terra magiara. Gli uomini di Scala, ancora gialloblù (la storica maglia crociata sarebbe stata riesumata solo parecchi anni dopo) prendono però coraggio man mano che il torneo prosegue. Già in parte decisivi gli ottavi di finale: mentre il Parma elimina il Boavista (reti bianche in Emilia, 2-0 in Portogallo grazie a Di Chiara e Melli), i risultati dagli altri campi sembrano spianare la strada. Cadono infatti, fragorosamente e in contemporanea, il Liverpool e il Monaco, il Trabzonspor e il Werder Brema campione uscente. Le big cadono come foglie, e il Parma non si fa prendere da strane ansie da prestazione: con il suo compatto ma efficace 5-3-2 disegnato da Scala (e che in fase offensiva diventa 3-5-2) piega anche lo Sparta Praga di un Pavel Nedved appena ventenne e in semifinale ha la meglio anche sull'Atletico Madrid, ultima vera grande big rimasta sul suo cammino: allo storico Vicente Calderon è un incontenibile Tino Asprilla a firmare con una doppietta il 2-1 che permette ai ducali di potersi permettere una sfida di ritorno a mente quasi vuota (e che si complica a un quarto d'ora dalla fine, quando Sabas firma la vittoria in trasferta dei Colchoneros).
Ma tanto basta per arrivare in finale, che si gioca il 12 maggio 1993 sul magico campo di Wembley contro la sorpresa Anversa e vede il Parma vincere per 3-1: segnano capitan Minotti, il centravanti Melli e l'esperto Cuoghi, giusto premio per tre uomini simbolo della cavalcata di quella squadra dal purgatorio del calcio italiano ai lustrini delle coppe europee. La poderosa crescita del Parma prosegue imperterrita anche negli anni successivi, spesso con quell'amara sensazione che manchi l'ultimo centesimo per fare la lira: i ducali diventano una realtà di successo quanto temuta sui campi continentali, in Italia entrano a pieno diritto nel novero delle famigerate "sette sorelle", si rivelano anche la squadra in grado di fermare il Milan degli Imbattibili. Continua però a mancare quell'ultimo colpo di reni in grado di realizzare il sogno non così proibito dello scudetto. Scala se ne va, al suo posto arrivano Ancelotti prima e Malesani poi, il triennio '94-'95-'96 è quello in cui il Parma si affaccia anche in vetta alla classifica, ma non riesce a mantenerla. Nel 1997, addirittura, perde a vantaggio della Juventus solo allo sprint. Gli uomini simbolo di Wembley vengono via via sostituiti dagli Zola, gli Stoichkov, i Chiesa, i Crespo.
Intanto emergono giovani dal certo avvenire come Cannavaro, Thuram, Buffon. Il 1998-'99 è quello in cui gli addetti ai lavori considerano il Parma la vera favorita per lo scudetto, insieme a un'Inter che vede in rosa contemporaneamente Ronaldo, Zamorano, Djorkaeff e Roberto Baggio. In realtà il campionato ducale sarà di livello alto ma mai davvero con vista scudetto (una battaglia che riguarderà soprattutto Fiorentina, Lazio e poi il vincitore Milan). Quel Parma rappresenta però l'ultima grande orchestra degli emiliani in Europa, oltre che l'ultimo successo di un'italiana in Coppa Uefa. E anche in Europa League, dato che da quel 1999 nessuna squadra nostrana è più riuscita ad arrivare fino in fondo nel torneo che in quel decennio 1989-1999) vincemmo otto volte su dieci. Il primo turno vive l'addio alla competizione dell'Udinese mentre il Parma elimina il Fenerbahçe, nel secondo cade la Fiorentina mentre i ducali superano l'ostacolo Wisla Cracovia, ai quarti di finale saluta la Roma. Contemporaneamente l'Emilia batte 2-0 la Francia, dato che il Parma strapazza il Bordeaux mentre il Bologna elimina a sorpresa il Lione. I felsinei dovranno piegarsi in una sfortunata semifinale contro il Marsiglia, mentre nulla può l'Atletico Madrid contro un Parma lanciatissimo e che vince 3-1 al Vicente Calderon (doppio Chiesa e Crespo) e 2-1 in casa.
La finale di Mosca non è mai in discussione: quel 12 maggio 1999 finisce 3-0 con le firme dei soliti Crespo e Chiesa, in mezzo ai quali segna anche Vanoli. In campo una parata di big, comprendente anche Sensini, Veron, il fresco campione del mondo Boghossian e il duo azzurro Fuser-Dino Baggio. In panchina Mussi e Apolloni, a testimoniare la continuità con il passato, e quel Tino Asprilla che gioca gli ultimi 5 minuti cancellando la mancata finale del 1993. Il cerchio del grande Parma europeo si chiude proprio quella sera, con il trionfo del Luzniki. Una corsa forsennata e fin troppo veloce, che fece sognare una fetta di provincia italiana capace di sentirsi in quegli anni una capitale del calcio. Ma che ben presto avrebbe visto quel sogno tramutarsi in un incubo ad occhi aperti.