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Lazio, Tare va all'attacco: "Il Governo ci prende in giro. Scudetto, noi ci siamo"

Parole dure del direttore sportivo biancoceleste: “Chi dice che vogliamo continuare il campionato solo per interesse personale non ha capito niente"

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Sono passati 20 anni dall'ultimo scudetto della Lazio sotto il diluvio di Perugia e oggi, se la Serie A dovesse davvero riprendere, i biancocelesti ci vogliono riprovare. La conferma arriva dalle parole di Igli Tare, che nel 2000 era un giovane calciatore mai stato a Roma e oggi è il direttore sportivo dei biancocelesti: “Scudetto? Noi ci siamo. Proveremo a vincerlo adesso, se la Serie A riprende, oppure l’anno prossimo. Arriviamo da lontano e non ci fermiamo qui”, ha dicharato in un'intervista a Repubblica

“Stavo vedendo la partita nelle mia casa di Kaiserslautern, ero con un gruppo di amici. La partita della Lazio era finita, a Perugia in quel nubifragio sembrava non finire mai, poi fu scudetto" ha ricordato Tare prima di tornare a concentrarsi sul presente e su un campionato che secondo lui deve assolutamente essere portato a termine: “Chi dice che vogliamo continuare il campionato solo per interesse personale non ha capito niente. Il calcio dà da vivere a 370 mila persone, se si ferma sarà il fallimento per tanti e l’Italia perderà pezzi di storia non solo sportiva. Sarà un disastro sociale”.

"Fermarsi adesso vuol dire, quasi certamente, non ripartire neanche a settembre: molti mesi di inattività sarebbero allucinanti. Ci invidiano e pensano che il calcio sia soltanto la serie A, invece sono migliaia di persone e famiglie che lavorano. Abbiamo il dovere di difenderle" ha continuato Tare, che poi è andato all'attacco: del Governo: “Ci stanno prendendo in giro, queste continue complicazioni sono ridicole. Non posso pensare che il ministro Spadafora sia così irresponsabile da farlo apposta, ma di certo esistono governi in Europa che vogliono aiutare il calcio: la Germania, la Spagna, l’Inghilterra. In Italia non è così, evitiamo un’estate in tribunale”.

"Siano più chiari, oppure le conseguenze si riveleranno enormi: economiche, sociali, sportive e psichiche. La gente è in sofferenza nervosa e il calcio è terapeutico. Ne abbiamo bisogno in tanti. Il pallone può essere il segno della vita che ricomincia davvero” ha aggiunto il ds della Lazio prima di criticare il protocollo per gli allenamenti di gruppo da adottare a partire dal 18 maggio: “Il protocollo sanitario tedesco è il migliore: controlli a tappeto e se c’è un positivo si isola lui, non l’intero gruppo. Si gioca, e se poi qualcuno decide di tornare a casa può farlo, ma pagando di tasca propria i test settimanali per sé e i suoi famigliari. Alla Lazio, dopo gli esami sierologici siamo risultati tutti negativi e nessun giocatore si è mai allontanato da Roma”.  

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