FERRARI

Da Froilán González a Fernando Alonso: quando a Maranello si parla spagnolo (aspettando Sainz)

Il prossimo successore di Vettel arriva da Madrid: prima di lui in Ferrari ci sono stati argentini, messicani, un nobile iberico e un asturiano

Sebastian Vettel lascia la Ferrari, e per la sua successione è stato scelto Carlos Sainz. L'emergente pilota della McLaren, atteso a Maranello nel 2021, rinverdirà una tradizione iniziata addirittura negli anni '50: quella dei piloti della Rossa di lingua spagnola. A partire da José Froilán González, primissimo vincitore al volante di una Ferrari, passando per le tragiche storie dei fratelli Pedro e Ricardo Rodriguez e arrivando fino ai giorni nostri con Fernando Alonso.

Carlos Sainz sul sedile di una Ferrari. Un nome leggendario del mondo dei motori a bordo della macchina più iconica di sempre, nel campionato più ambito del Pianeta: la Formula 1. Questo sembra il destino ormai tracciato per il 2021, quando il Cavallino sarà chiamato a sostituire il partente Sebastian Vettel e a Maranello si tornerà a parlare spagnolo. Avverrà, se tutto andrà come ormai sembra pressoché certo, con il 25enne madrileno. Sainz, che porta lo stesso nome del padre due volte campione del mondo di rally e vincitore di tre edizioni della Dakar, è reduce da un 2019 di altissimo livello in McLaren con tanto di podio a Interlagos. E proprio il suo arrivo potrebbe riportare alla luce un filo conduttore che contraddistingue la Ferrari sin dalla sua primissima vittoria. Il debutto della Rossa in Formula 1 risale infatti all'edizione inaugurale del campionato, quella del 1950.

In quella occasione, però, non furono quelle di Maranello a dominare la stagione, bensì quelle dell'Alfa Romeo di Fangio e Nino Farina (poi campione del mondo). Si dovette aspettare il 1951 per salutare la prima vittoria del Cavallino in Formula 1, e a ottenerla fu un pilota che parlava spagnolo. Era però argentino, e si trattava di José Froilán González. Noto come 'El Cabezón' (impossibile era non notare le grandi dimensioni della sua testa), fu personalmente scelto da Enzo Ferrari per la sua tempra e una combattività d'altri tempi. Una decisione che pagò, dato che il 14 Luglio 1951 fu proprio lui a riuscire laddove fino a quel momento avevano fallito i vari Alberto Ascari, Luigi Villoresi, Piero Taruffi: vincere un Gran Premio con una Ferrari, cosa che avvenne a Silverstone.

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Nel corso della sua carriera avrebbe aggiunto un solo altro successo, sempre sul circuito britannico nel 1954, anno in cui chiuse secondo in campionato alle spalle di Juan Manuel Fangio. Proprio quest'ultimo, a sua volta argentino, divenne nel 1956 il secondo pilota di lingua spagnola della storia della Ferrari. E a Maranello vinse subito il suo quarto titolo mondiale personale, dopo quelli ottenuti con Alfa Romeo, Maserati e Mercedes. Ne avrebbe poi ottenuto un quinto l'anno successivo, fissando un record che solo Michael Schumacher fu in grado di infrangere ben 48 anni dopo. Il 1956 fu comunque l'unico anno alla Ferrari di Fangio, una stagione difficile vissuta all'insegna dell'eterna sfida con Stirling Moss e al grande gesto di sportività di Peter Collins, altro ferrarista che cedendogli la sua macchina nell'ultima gara stagionale a Monza di fatto rinunciò al titolo. Tra le fila della Ferrari quell'anno c'era anche Alfonso de Portago, primissimo spagnolo mai assunto dal Drake in Formula 1. Personaggio interessantissimo, Alfonso era nato a Londra, da una famiglia dell'aristocrazia iberica dal lato paterno, mentre la madre era irlandese.

Trascorse peraltro l'infanzia in Francia, e oltre che un grande automobilista era un campione di bob (prese parte anche alle Olimpiadi). La grande prova che gli aprì le porte della Ferrari in Formula 1 arrivò però in Messico, con la partecipazione alla Carrera Panamericana. Dopo il secondo posto di Silverstone 1956, il 1957 iniziò con un quinto posto a Buenos Aires ma terminò in tragedia: il 12 maggio perse infatti la vita ad appena 28 anni, vittima di un terribile incidente durante la Mille Miglia. Destino spietato anche per i due successivi piloti di lingua spagnola transitati in Ferrari, due fratelli messicani: si tratta di Pedro e Ricardo Rodriguez, a cui oggi è intitolato l'autodromo di Città del Messico. Piccoli di statura e velocissimi, entrambi partirono dalla bicicletta prima di passare alle moto e quindi alle automobili. Ricardo fece parlare di sé quando a soli 19 anni gli fu concesso di guidare una Ferrari al Gran Premio di Monza, diventando il più giovane debuttante di sempre (record resistito fino ai tempi di Mike Thackwell): in quell'occasione si qualificò addirittura secondo, trascorrendo anche parecchi giri della gara al primo posto. La sua aura di predestinato andò però incontro a una tragedia: un incidente proprio a Città del Messico che gli provocò la morte appena ventenne.

Nel 1964 la Ferrari diede poi un volante al più anziano Pedro, che si alternò tra il Cavallino, la Lotus, la Cooper e la Brm. Proprio con queste due storiche scuderie ottenne le sue uniche due vittorie in Formula 1, che restano a tutt'oggi le uniche di un pilota messicano. Pedro Rodriguez però andò incontro al suo destino in una gara del campionato Interserie, sul circuito tedesco del Norisring: aveva solo 31 anni. Per ritrovare un pilota della Ferrari di lingua spagnola bisogna fare un passo avanti di sette anni e arrivare al 1976, anno in cui a Monza debuttò l'esperto Carlos Reutemann, chiamato ad affiancare Clay Regazzoni ma che in Brianza si ritrovò in squadra anche il rientrante Niki Lauda, a tre sole gare dal rogo del Nürburgring. Argentino impegnato, musone e malinconico, Enzo Ferrari amava definirlo "tormentoso e tormentato". Di grande classe ed esperienza, Reutemann guidò per tutta la carriera sempre e solo macchine da mondiale, ma sempre in anni difficili o in cui la concorrenza aveva fatto passi in avanti. Così dopo la lunga esperienza in Brabham, fu scudiero di Lauda in occasione dell'ultimo mondiale dell'austriaco a Maranello, nel 1978 vide la Lotus strapazzare le Rosse e l'anno successivo passò alla corte di Colin Chapman. Ma le gerarchie si erano invertite. Ebbe quindi modo di correre e vincere per la emergente Williams nel 1980 e 1981, ritirandosi a inizio 1982. Proprio l'anno concluso con il mondiale di Keke Rosberg.

Dopo Reutemann la Ferrari non mise sotto contratto piloti di lingua spagnola per ben 32 anni: il successivo fu infatti Fernando Alonso, che certo non ha bisogno di presentazioni. Asturiano, cresciuto nella scuderia di Flavio Briatore e protagonista nella transizione da Benetton a Renault dopo gli esordi in Minardi, divenne due volte campione del mondo con la scuderia francese nel 2005 e 2006, rivelandosi l'ultimo vero rivale di Michael Schumacher per l'iride. Dopo un solo anno in McLaren, tornò nella sua Renault prima di accettare la corte di Maranello in sostituzione di un Kimi Raikkonen deciso a fine 2009 di dedicarsi ai rally. Le cinque stagioni in Rosso di Nando promisero tanto ma mantennero molto meno, con i mondiali 2010 e 2012 persi all'ultima gara con tanta sfortuna e i campionati 2011, 2013 e soprattutto 2014 che videro invece la Ferrari mai realmente in gara con la Red Bull. Un destino, per certi versi, occorso poi anche al suo sostituto Sebastian Vettel. Che ora potrebbe lasciare il posto a Carlos Sainz, riportando lo spagnolo a Maranello.

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