AUTOBIOGRAFIE BOLLENTI

Non solo Chiellini e Balotelli: quando l'autobiografia fa discutere

Il primo fu Paolo Sollier negli anni '70. Poi arrivarono le pesanti accuse al sistema di Petrini, le scappatelle di Cassano, Pirlo contro il Milan e Icardi contro la curva

Le parole durissime che Giorgio Chiellini ha dedicato a Mario Balotelli e Felipe Melo nella sua autobiografia hanno fatto discutere per giorni. Ma non rappresentano certamente una prima volta. Le avventure letterarie dei calciatori, infatti, sono state spesso caratterizzate da polemiche di varia natura: dai rapporti con colleghi o allenatori a segreti inconfessabili sul mondo del calcio. Un fenomeno iniziato negli anni '70 e proseguito con i vari Vieri, Cassano o Icardi.

In principio furono Carlo Petrini e Paolo Sollier. Poi con il trascorrere dei decenni si è arrivati fino a Chiellini e alle polemiche di questi giorni. Con buona pace del luogo comune del calciatore piatto e incapace di andare al di là di risposte preconfezionate a domande con lo stampino, sono tanti gli eroi del pallone che quando hanno deciso di mettersi a scrivere hanno fatto discutere. A volte segnando con le loro esternazioni un solco nell'immaginario che tifosi e fan avevano del loro mondo.

Partiamo dal principio, e dal calcio degli anni '70. Paolo Sollier, appunto. Torinese, proveniente da una famiglia operaia negli anni delle grandi battaglie politiche, fu una delle figure simbolo del primo storico Perugia che nel 1975 si affacciò in serie A. Passò tuttavia alla storia soprattutto come calciatore alternativo, libero pensatore, uomo impegnato e dichiaratamente di sinistra. L'uscita del suo libro "Calci e sputi e colpi di testa: riflessioni autobiografiche di un calciatore per caso" nel 1976 generò un autentico polverone (con tanto di deferimento da parte della Figc). Basti leggere la descrizione che ne diede in tempo reale l'autore, che militava in Avanguardia Operaia e si sentiva circondato da colleghi completamente inconsapevoli del mondo che li circondava. "La smitizzazione di un ambiente 'intoccabile', scalpellato con uno strumento semplicissimo: la sincerità", disse Sollier della sua opera.

Uno spaccato su una realtà ignota a molti. Ancora più dolorosa quella raccontata da Carlo Petrini, che attese il 2000 per raccontare il calcio dei suoi anni: lo fece con un titolo entrato nella storia della letteratura sportiva, "Nel fango del dio pallone". Centravanti girovago di Genoa, Milan, Torino, Varese, Catanzaro, Ternana, Roma, Verona, Cesena e Bologna tra gli anni '60 e '70, Petrini scoperchiò tutti i mali che affliggevano il movimento negli anni del boom economico. Dalle scommesse al doping, dalle combine a contratti tutt'altro che trasparenti, non c'è ambito che l'attaccante toscano non toccò nella sua opera. Ammettendo anche le proprie colpe per essersi tutt'altro che opposto in gioventù a tutto ciò che decenni dopo avrebbe denunciato.

Con Petrini ebbe modo di sfidarsi in campo uno degli uomini simbolo dell'Italia campione del mondo 1982, formazione che forse più di ogni altra è entrata nel cuore degli appassionati di calcio nostrani. E che pure nella sua autobiografia ha attaccato il suo vecchio mondo, reo di averlo impunemente abbandonato nonostante i meriti acquisiti in campo e in panchina. Si tratta di Claudio Gentile, eterno nonché arcigno terzino di Juventus e Nazionale che nel suo "E sono stato gentile" non nasconde il proprio disappunto per essersi sentito "tradito dalla Federazione e messo frettolosamente ai margini del campo".

C'è poi "Chiamatemi bomber", autobiografia di Christian Vieri in cui non si insiste in maniera troppo pronunciata su alcuni degli snodi della sua carriera nei rapporti con allenatori, compagni o giornalisti (dalla mancata partecipazione ai Mondiali 2006 al celeberrimo "Sono più uomo io di tutti voi messi insieme" dedicato ai giornalisti), ma grande spazio viene concesso alle donne. Che, spiega Bobo, "erano dappertutto". E le sue confessioni, in cui i particolari abbondano, fecero discutere eccome ai tempi della pubblicazione del libro. Scappatelle in abbondanza anche in "Dico tutto: e se fa caldo gioco all'ombra", autobiografia di Antonio Cassano che mise anche in difficoltà l'ex amico Francesco Totti con alcune scabrose confessioni pre-Ilary, per non parlare di party di ogni tipo, un incidente in macchina di cui incolpò il cugino (dopo essersi sostanzialmente "comprato la patente") e le difficoltà a scuola: 'FantAntonio' raccontò della licenza media "praticamente regalata" a 17 anni dopo sei anni di bocciature spalmate nelle sue precedenti esperienze scolastiche.

Non piacque nemmeno 'Penso quindi gioco' di Andrea Pirlo, specie per alcuni attacchi al Milan che aveva contribuito a rendere uno dei gruppi più vincenti e ricordati a livello continentale degli anni 2000. Particolarmente sbertucciati Adriano Galliani e il compagno Filippo Inzaghi, di cui furono confessate alcune abitudini scaramantiche pre-partita piuttosto imbarazzanti. Colossale fu invece il polverone provocato da Mauro Icardi nella sua autobiografia: in "Sempre avanti. La mia storia segreta" l'argentino descrisse con toni molto pesanti il diverbio avuto con la curva nerazzurra dopo una trasferta a Reggio Emilia contro il Sassuolo. "Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall'Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo", scrisse tra le altre cose. Da quel momento il rapporto con l'ambiente Inter non sarebbe mai più stato lo stesso.

E Balotelli? Finito al centro delle critiche di Chiellini, anche la sua biografia generò un piccolo vespaio. Ma anche in questa occasione 'SuperMario' trovò il modo di distinguersi. "Non so come si faccia a scrivere un libro senza interpellarne il protagonista, ci sono scritte una marea di...", fu il suo commento su 'A cresta alta'. Come dire: quando si parla di Balotelli, non si è davvero mai certi di essere al sicuro.

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