Tanti auguri di buon compleanno a Massimo Moratti. Nato il 16 maggio 1945 a Bosco Chiesanuova (Verona), Moratti acquista nel 1995 quell’Inter che era già stata di proprietà del padre Angelo. Come patron dei nerazzurri conquista in 18 anni 16 trofei, di cui la maggior parte vinti nell’ultimo quinquennio degli anni zero del 2000. È ancora leggenda il triplete interista del 2010 e sempre oggi si celebrano i 10 anni dallo scudetto vinto a Siena.
Moratti, è un giorno di festa: compleanno e... scudetto del Triplete
A metà degli anni ’90 l’Inter ha molta voglia di ritornare a dire la sua dopo gli ultimi anni complicati, seppur contornati dalla vittoria della Coppa Uefa nel ’94. Così Ernesto Pellegrini cede il club nerazzurro a un imprenditore dal nome molto pesante: Massimo Moratti. Sì, proprio quel Moratti; il figlio di Angelo, che da presidente dal ’55 al ’68 aveva vinto le due Coppe dei Campioni nerazzurre con il mago Helenio Herrera in panchina. Il 18 febbraio 1995 Moratti acquisisce ufficialmente la società e capisce subito che, per ricominciare a fare l’Inter, bisogna intervenire su due aspetti: il morale dei tifosi e la qualità dell’organico. La soluzione è una sola: l’inserimento di grandi fuoriclasse in rosa. Il primo acquisto della nuova gestione sarà quello di Javier Zanetti, che diventerà poi il capitano di tanti successi nerazzurri.
La prima stagione è un po’ di assestamento e verrà ricordata solo per aver prima preso (e poi ceduto) Roberto Carlos; l’anno dopo invece è terzo posto. È il punto di partenza. La prima vera grande annata nerazzurra è quella del 1997-1998, la stagione dell’esordio del ‘Fenomeno’: Ronaldo è straordinario, ma il testa a testa lo vince la Juventus (a seguito del celebre contatto Iuliano-Ronaldo). Qui cominciano i primi veleni con la squadra bianconera. Veleni che culmineranno qualche anno più tardi. La squadra di Gigi Simoni, però, è troppo forte e quell’anno vince la Coppa Uefa, trascinata (neanche a dirlo) da Ronaldo.
Nella storia del calcio pochi presidenti hanno dato quello che Moratti ha dato all’Inter, ma le “grandi” vittorie non arrivano e la gente gli ha già dato un’etichetta che nessuno nel calcio vorrebbe avere: quella del “perdente”. La Juventus soffia ai nerazzurri un altro scudetto, nella clamorosa giornata del 5 maggio 2002. Un anno dopo il sogno di una finale di Champions League viene interrotto bruscamente nei due derby contro il Milan, entrambi finiti in pareggio, ma con il gol segnato in “trasferta” da Shevchenko che farà la differenza per volare a Manchester.
Tuttavia, il calcio è fatto di cicli e tutto cambia nell’estate 2006: scoppia lo scandalo Calciopoli, che manda in Serie B la Juventus e penalizza Milan, Fiorentina, Lazio e Reggina, favorendo l’Inter che, da terza classificata, vince il quattordicesimo scudetto della sua storia. Da lì in poi è un’escalation senza possibilità di replica: altri due scudetti consecutivi con Roberto Mancini e Zlatan Ibrahimovic sugli scudi. Ma c’è un cruccio che ancora assilla Moratti ed è la coppa dalle grandi orecchie.
L’ennesimo fallimento europeo costa il posto a Mancini nel 2008: al suo posto Moratti chiama un portoghese che di nome fa Josè, di cognome Mourinho e pochi anni prima ha vinto una clamorosa Champions League col Porto, prima di andare a conquistare l’Inghilterra col Chelsea. Il primo anno è di nuovo scudetto, con però deludenti risultati europei. Ma nella stagione successiva arriva il capolavoro. La campagna acquisti è strepitosa, l’accoppiata Moratti-Mourinho fa il miracolo e così capitan Zanetti, il 22 maggio 2010, dopo 45 anni alza al cielo di Madrid la Champions League. L’apoteosi viene preceduta dallo scudetto conquistato sei giorni prima a Siena (dopo un estenuante testa a testa con la Roma di Ranieri) di cui si celebrano proprio oggi i dieci anni.
L’Inter si laurea campione d’Italia per la 18esima volta nell’ultima giornata di campionato, grazie al gol vittoria messo a segno al 12’ del secondo tempo da Diego Milito. La formazione di Mourinho trova a Siena una squadra agguerrita, pronta a vendere cara la pelle, capace non solo di difendere con ordine, ma anche di pungere in contropiede in un paio di occasioni con Maccarone. L’ingresso di Pandev per Thiago Motta a inizio ripresa sposta in avanti il baricentro e Milito fa il resto: sulla fantastica accelerazione di Zanetti, il Principe porta avanti palla e, con un colpo da biliardo, restituisce entusiasmo ai numerosi tifosi nerazzurri, raggelati dalla possibilità di vedersi sfuggire un titolo che a febbraio era sembrato soltanto una pura formalità conquistare.
Il fantastico viaggio di Moratti termina qualche mese dopo, con la vittoria del Mondiale per Club, ma tre anni dopo venderà l’Inter a Erik Thohir; si dimetterà da presidente nel 2014 e, con la cessione della maggioranza del club al gruppo cinese Suning nel giugno 2016, lascerà l’Inter anche come azionista, dopo 21 anni. Doloroso sì, ma conta poco, perché Massimo è riuscito a eguagliare papà Angelo, regalando e regalandosi una gioia immensa. L’etichetta del “perdente” se l’è scucita addosso da bel un pezzo; a Milano sono tornate a sventolare le bandiere nerazzurre e per la prima volta una squadra italiana ha conquistato il triplete. Impresa mai riuscita neanche a Helenio Herrera.