Il 25 maggio è un giorno a dir poco infausto nella storia del calcio italiano in ambito europeo: proprio in questa data Inter, Juventus e Milan, le tre big per eccellenza del pallone di casa nostra, hanno giocato una finale di Coppa dei Campioni o Champions League subendo solo sconfitte, in tutti e tre i casi inattese: nel 1967 i nerazzurri hanno chiuso il ciclo della Grande Inter perdendo contro il Celtic di Jock Stein, nel 1983 la Juventus di Trapattoni, Platini e dei campioni del mondo è stata sgambettata dall’Amburgo di Happel ad Atene, nel 2005 il Milan ha subito la più incredibile rimonta della storia della massima competizione europea, sprecando tre gol di vantaggio contro il Liverpool di Rafa Benitez.
1967: CELTIC-INTER 2-1
La Grande Inter di Helenio Herrera, già campione d’Europa nel 1964 e nel 1965, ha tutte le carte in regola riprendersi il trono continentale. Arriva in finale dopo una dura battaglia contro il Cska Sofia, sconfitto solo allo spareggio dopo il pari complessivo fra andata e ritorno. Dall’altra parte trova il Celtic allenato da Jock Stein, prima squadra britannica a giocarsi l’ultimo atto della massima competizione europea e sfavorita dagli addetti ai lavori. Nel catino bollente dell’Estadio Nacional di Lisbona, i nerazzurri partono alla grande e vanno in vantaggio al 7’ con un rigore trasformato da Sandro Mazzola. Nel secondo tempo il ritmo cala e gli scozzesi, mai domi, prendono campo. L'Inter inizia ad avvertire la stanchezza e si fa raggiungere al 63’: cross di Jim Craig per Tony Gemmell che scocca un tiro imprendibile per Giuliano Sarti. Il caldo e la pressione psicologica fanno il resto. Al minuto 83 è Stevie Chalmers a firmare il 2-1, consegnando la coppa per la prima volta a quelli che saranno ribattezzati ‘Leoni di Lisbona’, l’unica squadra scozzese a vantare, ancor oggi, una vittoria in Coppa dei Campioni/Champions League. Il ciclo della Grande Inter terminerà definitivamente pochi giorni dopo, il 1° giugno, con la storica disfatta a Mantova che costerà ai nerazzurri lo scudetto a favore della Juventus. I nerazzurri dovranno attendere il 2010 per tornare campioni d'Europa.
1983: AMBURGO-JUVENTUS 1-0
La Juventus 1982/83 è una corazzata: la squadra allenata da Giovanni Trapattoni è reduce dal ventesimo scudetto, ha in rosa diversi vincitori del Mondiali in Spagna ‘82 (come Dino Zoff, Antonio Cabrini, Gaetano Scirea, Marco Tardelli, Paolo Rossi) e campioni stranieri come Michel Platini e Zibì Boniek. Durante il cammino verso la finale ha anche eliminato l’Aston Villa detentore del trofeo, e tutto lascia presagire che quella squadra possa diventare la terza italiana a vincere la Coppa dei Campioni, dopo la delusione della finale contro l’Ajax del 1973. In finale c’è l’Amburgo di Ernst Happel, uno degli allenatori più vincenti della storia, ma la rosa al confronto di quella juventina sembra nettamente inferiore. Ci si aspetta quindi una partita in cui la Juventus la faccia da padrona: invece dopo 9 minuti passano gli anseatici, con un tiro dalla distanza di Felix Magath che si insacca alle spalle di Zoff, alla sua ultima partita in bianconero. Il resto del match è un assedio della Juve, nel secondo tempo c’è anche un possibile rigore per fallo del portiere Uli Stein su Platini ma l’arbitro, il romeno Nicolae Rainea, lascia correre. Finirà 1-0 e quella che sembrava una festa annunciata già prima del calcio d’inizio diventa improvvisamente una delle più grandi delusioni nella storia sportiva della società.
2005: LIVERPOOL-MILAN 3-3 (3-2 ai rigori)
La finale giocata a Istanbul tra Liverpool e Milan è una ferita ancora aperta, nonostante la rivincita di Atene, contro lo stesso avversario, nel 2007. È soprattutto il modo in cui arriva la sconfitta del 2005 a far soffrire ancora oggi i tifosi rossoneri. Il Milan di Carlo Ancelotti si presenta in campo da favorito nonostante una soffertissima semifinale contro il Psv e parte alla grande: è Paolo Maldini a portare in vantaggio i rossoneri con un tiro di controbalzo dopo neanche un minuto di gioco. Guidato dalle giocate illuminanti di Kakà, dalle volate sulla fascia di Cafu e dalla profondità dei due bomber Hernan Crespo e Andriy Shevchenko, il Milan domina in lungo e in largo, si vede annullare un gol regolare ma non si scompone e colpisce altre due volte, nel finale di primo tempo, proprio con Crespo. Nessuno può immaginare quello che succederà nel secondo tempo, nei sei minuti più incredibili della storia delle finali di Champions League. Al 54’ Steven Gerrard firma l’1-3 di testa, al 56’ Vladimir Smicer supera un incerto Dida con una velenosa conclusione da fuori e al 60’, dopo un fallo di Gattuso su Gerrard in area, Xabi Alonso tira il rigore addosso al portiere brasiliano ma è lestissimo sulla respinta: incredibilmente il tabellone recita 3-3. La sfuriata del Liverpool termina qui, il Milan torna a macinare gioco e si avvicina clamorosamente al gol con almeno cinque nitide occasioni tra l’ultima mezz’ora e i supplementari, ma sono i tiri dal dischetto a decidere la squadra campione. Ai rigori il protagonista è Jerzy Dudek: il portiere polacco s’inventa un balletto sulla linea di porta, ispirandosi a quello di Bruce Grobbelaar contro la Roma nel 1984, capace di destabilizzare e portare all’errore tre dei cinque rigoristi rossoneri: Serginho, Andrea Pirlo e Shevchenko. È sul tiro di quest’ultimo che si spengono definitivamente le speranze del Milan, che torna incredulo dalla Turchia senza una coppa che le squadre italiane, evidentemente, non sono destinate a vincere il 25 maggio.