Era il 29 maggio del 1953, quando il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa nepalese Tenzing Norgay raggiunsero la vetta del monte Everest. Era la prima volta che il punto più alto del mondo veniva calpestato. I due si fermarono sulla sommità dell’Everest per circa 15 minuti, prima di essere costretti a iniziare la discesa a causa della mancanza di ossigeno. Quell’impresa rimane ancora oggi nella storia; non solo dell’alpinismo.
Prima del 1953 c’erano stati diversi tentativi di scalare l’Everest: nessuno di questi, però, ebbe successo e molti degli scalatori morirono provandoci. La spedizione di quell’anno era formata da 15 alpinisti, venne organizzata e finanziata dal Joint Himalayan Committee britannico ed era guidata dal colonnello John Hunt; un alpinista che a quel tempo lavorava nel quartier generale della NATO in Europa (conosciuto con la sua sigla in inglese, SHAPE). Si trattava di un’occasione importante per il Regno Unito, l’ultima che gli sarebbe stata concessa per almeno i successivi 36 mesi: il governo nepalese, infatti, aveva già programmato altre spedizioni, che avrebbero escluso i britannici di sicuro fino al 1956.
Il gruppo guidato da Hunt si riunì in Nepal verso metà febbraio. A Katmandu gli alpinisti dormirono nell’ambasciata britannica, visto che a quel tempo nella capitale del Paese compreso tra India e Tibet non c’era nemmeno un hotel che potesse ospitare gli stranieri. Ai primi di marzo venti sherpa scelti dal Club dell’Himalaya arrivarono a Katmandu per aiutare gli uomini della spedizione a trasportare la loro attrezzatura fino al luogo di partenza: a capo del gruppo c’era Tenzing Norgay, che aveva già tentato di scalare l’Everest altre sei volte e che era considerato il migliore sherpa alpinista di tutto il mondo. Tra il 26 e 27 marzo il gruppo arrivò a Tengboche, un villaggio nel Khumbu, nel nord-est del Nepal, situato a 3.867 metri di altezza e rimase là fino al 17 aprile per prepararsi in vista della scalata vera e propria.
La salita fu difficile e faticosa. Una prima coppia di alpinisti, formata da Tom Bourdillon e Charles Evans, fu scelta dal capo spedizione per raggiungere la vetta: il 26 maggio i due riuscirono ad arrivare a soli 100 metri dalla cima, ma furono costretti a tornare indietro, esausti per mancanza di ossigeno. Hillary e Norgay decisero di fare subito un secondo tentativo: salirono dal percorso del Colle Sud, raggiungendo la vetta alle ore 11.30 del 29 maggio, a 8.848 metri di altezza (misurazione poi rivista nel corso degli anni). Nei 15 minuti in cui rimasero in cima, scattarono delle fotografie, seppellirono alcuni dolci e piantarono una piccola croce in mezzo alla neve. In molti avevano guardato quell’immensa montagna con desiderio, ma anche timore, e loro furono i primi a raggiungere quella vetta. Quell’impresa fu molto importante anche per il prestigio che il suo successo garantì al governo di Londra.
Da allora moltissime persone ci sono riuscite: in totale sono più di 4mila gli alpinisti che hanno raggiunto la cima dell’Everest. Dal 1953 ci sono stati inoltre diversi altri record e molte prime volte per chi ha conquistato quella vetta: Reinhold Messner, per esempio, fu il primo a scalare la montagna da solo senza ossigeno nel 1980, mentre il 7 ottobre del 2000 il 38enne sloveno Davorin Karnicar sciò senza interruzione per 3.657 metri giù da una parete della montagna.