IL RICORDO

Accadde oggi: Marco Pantani vince a Merano, ha inizio la leggenda del Pirata

In una delle tappe più impegnative del Giro d’Italia 1994 il romagnolo ottenne la sua prima memorabile vittoria da professionista

Nessun appassionato di ciclismo dimenticherà mai quell’impresa: il 4 giugno 1994, nella quattordicesima tappa del Giro d’Italia, Marco Pantani conquistò la sua prima vittoria da professionista al termine di una delle tappe più impegnative della Corsa rosa, la Lienz-Merano. Una vittoria storica, arrivata dopo uno scatto sull’ultima salita e una discesa a rotta di collo, sotto la pioggia, che lasciò tutti a bocca aperta. Un successo indimenticabile replicato ventiquattr'ore dopo ad Aprica, nel tappone in cui si scalava il Mortirolo: in quei due giorni di 26 anni fa nacque la leggenda del Pirata.

Il Giro 1994, dopo lo sconfinamento prima in Slovenia e poi in Austria, ha in programma il 4 giugno il suo rientro in Italia, con la tappa che parte da Lienz e arriva a Merano. Un percorso difficilissimo, quasi d’altri tempi, lungo ben 235 chilometri e caratterizzato da cinque salite estremamente impegnative: Stalle, Furcia, Passo delle Erbe, Eores e Monte Giovo. Dopo l’ultimo Gran premio della montagna, sono previsti altri 40 chilometri di discesa verso il capoluogo del Burgraviato. La battaglia inizia quasi subito: la fuga giusta sembra quella di tre corridori, lo svizzero Pascal Richard, l’ucraino Sergei Uchakov e l’italiano Claudio Chiappucci. Dietro i fuggitivi c'è un gruppetto che comprende la maglia rosa Evgeni Berzin e mostri sacri del ciclismo dell’epoca come Gianni Bugno e Miguel Indurain. Oltre a loro c’è anche un giovane minuto, compagno di squadra di Chiappucci alla Carrera, con pochi capelli coperti da un berrettino: si chiama Marco Pantani. È il suo secondo anno da professionista, ma nonostante una brillante carriera da dilettante non ha ancora vinto una corsa tra i ‘grandi’.

Il gruppetto riassorbe sulla salita del Giovo il 'Diablo' e Uchakov, davanti resta solo Richard. Con il suo capitano non più in fuga e soprattutto lontano in classifica generale, Pantani capisce che è la giornata giusta: non ci sono ostacoli per provare uno scatto. All'occhio inesperto può sembrare un’azione dimostrativa: in fondo dopo il Gpm c’è una discesa lunghissima, in più l’asfalto è umido per la pioggia e il vantaggio sul gruppo maglia rosa è troppo risicato perché si possa pensare a una fuga. Ma nelle azioni del Pirata, lo si scoprirà negli anni successivi, la logica è spesso superata dall’istinto. Pantani supera il Gran premio della montagna, raggiunge e supera Richard e inizia la discesa in una posizione che lascia tutti di stucco, col sedere a sfiorare la ruota posteriore, lo sterno praticamente sul sellino e la testa quasi all’altezza del manubrio: più che un corridore su una bicicletta, sembra un motociclista lanciato a tutta velocità in rettilineo. È una posizione estremamente rischiosa, la velocità è altissima, l’equilibrio è precario. Basterebbe anche un solo sassolino, nella posizione sbagliata, a rovinare tutto. Per fortuna non succede, anzi, la strategia paga: Pantani guadagna terreno chilometro dopo chilometro e gli inseguitori sono costretti ad arrendersi. Arriveranno con 40 secondi di ritardo. Il giovane romagnolo va a tutta fino alla fine, si lascia andare solo negli ultimi venti metri, quando solleva le braccia in segno di trionfo. È la prima vittoria da professionista, l'inizio di qualcosa di speciale. Pantani replica il giorno successivo, nella tappa da Merano ad Aprica, con un primo scatto sul Mortirolo e un altro, decisivo, sul Passo di Santa Cristina che manda in difficoltà anche Berzin e Indurain. Il Pirata finisce il Giro al secondo posto dietro al solo Berzin: il russo è avvantaggiato dall'essere molto più bravo di lui a cronometro. Il Pirata, dopo una serie di sfortune, dovrà aspettare quattro anni per vincere il Giro, nella stagione 1998 in cui vince anche il Tour e consacra definitivamente la sua leggenda sportiva.

Su quello che accadrà a Marco Pantani negli anni successivi, dalle vittorie alle cadute, sportive e non, fino al tragico epilogo (ancora una ferita aperta) della vita di uno dei campioni dello sport più amati in Italia, si è raccontato tanto, tantissimo, a testimonianza di quanto la memoria del Pirata sia ancora viva. Ancora oggi è difficile non emozionarsi per i suoi successi, molti dei quali hanno segnato profondamente la storia del ciclismo. Una storia che quel ragazzo romagnolo contribuì a scrivere sin da quella piovosa giornata di inizio giugno al Giro d'Italia.

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