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Accadde oggi: Italia-Austria 1-0, con Schillaci le Notti del '90 sono davvero Magiche

Esattamente 30 anni fa gli Azzurri aprono il loro Mondiale. Totò toglie le castagne dal fuoco con il primo dei sei gol nella rassegna che lo vedrà capocannoniere

Alle 22.30 circa di una calda notte romana di 30 anni fa, un siciliano venuto dal Nord fa innamorare di sé l'Italia intera. Salvatore Schillaci è ora per tutti “Totò”. In teoria è l'ultimo degli attaccanti di una Nazionale che ha gli occhi del mondo addosso, perché nel 1990 l'Italia ospita i Mondiali. Nella loro gara di esordio, il 9 giugno, gli Azzurri faticano contro l'Austria e una rassegna che si era aperta con la vittoria del Camerun sull'Argentina rischia di offrire la seconda grande sorpresa in due giorni. Poi Totò si rivela al mondo, e allora le notti saranno davvero Magiche.

Il percorso dell'Italia nasce sei anni prima, quando la Fifa le assegna il compito di organizzare l'edizione del 1990. Qualche immobilismo iniziale, molte polemiche sugli stadi e le opere incompiute, eppure quando la palla bacia l'erba gli unici rumori che si sentono sono quelli dei tifosi. Uno spettacolo l'Olimpico di Roma, che si tappezza di bandierine tricolori e maglie azzurre. Ma come ogni party troppo annunciato, il rischio è quello di avere invitato il guastafeste. E l'Austria di Toni Polster assume questo ruolo fino a un quarto d'ora dalla fine. L'Italia crea gioco ma in attacco non punge per colpa della scarsa vena della coppia Carnevale-Vialli. Così il ct Azeglio Vicini al 76' fa entrare Schillaci, quello con meno classe ma più fame, con meno attitudine a giocare a certi livelli ma forse, proprio per questo, più spensierato e adatto per sbrogliare la matassa.

Al primo pallone che tocca è gol: Totò, alto 175 cm, giganteggia di testa sui colossi austriaci e mette in rete su cross di Vialli. Sono passati appena due minuti dal suo ingresso in campo e Schillaci accende la magia di un'edizione indimenticabile dei Mondiali. Se l'idillio tra la Nazionale e Roma era nato subito (lo stadio aveva applaudito anche gli errori sotto porta degli Azzurri), il sentimento si trasforma in amore grazie proprio a Schillaci: per un mese i suoi occhi spiritati rappresentano quelli degli italiani, allo stadio o davanti alla televisione. 

Il gol dell'attaccante della Juventus regala l'1-0 all'Italia, risultato poi replicato nella seconda sfida, quella contro gli Stati Uniti, l'unica serata di “riposo” per Schillaci. Per il resto, il palermitano segna sempre. A partire dalla gara contro la Cecoslovacchia, decisiva per il primo posto: Vicini sceglie gli uomini più in forma (lui e Baggio) mandando in panchina la coppia che alla vigilia era considerata titolare (Vialli-Carnevale). Non verrà deluso: Schillaci apre ancora le marcature, Baggio dipinge con i piedi il quadro del 2-0. 

L'Italia vince il girone e rimane nella Capitale, dove l'atmosfera fermenta di ora in ora: il pullman che porta gli Azzurri da Marino a Roma si sposta a passo d'uomo, tanta è la gente che vuole vedere da vicino i protagonisti di un sogno. Non bastano né l'Uruguay né l'Irlanda a svegliare gli italiani: 2-0 e 1-0, il minimo comun denominatore è sempre il gol di Schillaci, che segna ai sudamericani con un bolide mancino e alla squadra di Charlton con un destro a porta vuota.

Siccome Walter Zenga non subisce gol, fin quando segna Totò l'Italia va avanti e non interrompe l'idillio con il Mondiale. Qualcosa, però, si rompe con il trasferimento a Napoli. Gli organizzatori di Italia '90 avevano deciso a tavolino di assegnare le semifinali al San Paolo e al nuovissimo Delle Alpi di Torino, in modo da non inflazionare il calendario dell'Olimpico e regalare una vetrina internazionale a più impianti. Non avevano considerato un incastro particolarmente delicato: semifinale Italia-Argentina a Napoli, nel regno di Diego Armando Maradona. E d'altronde l'Albiceleste ci mette del suo, arrivando terza nel suo raggruppamento e finendo nella parte di tabellone dove c'era l'Italia.

Quel che tutti temevano dall'avvio degli scontri dentro-fuori si avvera. Si va a casa del Pibe de Oro, che non perde occasione di stuzzicare il suo popolo e portare parte del tifo dalla sua. Napoli risponde tutto sommato bene, ma il San Paolo non offre il calore dell'Olimpico e questo alla lunga peserà. Non pesa invece sulle gambe di Schillaci, che segna anche quando non dovrebbe, almeno seguendo le leggi della fisica: azione tambureggiante dell'Italia, Vialli tira addosso a Goycochea, Totò cicca il pallone di destro ma lo prende con la gamba di appoggio, toccando il tanto che basta per segnare. L'andamento della semifinale è poi cosa nota: l'Argentina pareggia con Caniggia e ai rigori si guadagna la finale contro la Germania, con Goycochea che ipnotizza Donadoni e Serena. 

Per l'Italia, la finale mancata segna idealmente la fine degli anni Ottanta, un decennio di “rampantismo” e spensieratezza, e apre un'epoca in cui prevalgono rabbia e disincanto, passaggio simbolizzato dalla fine della prima Repubblica. Prima, però, c'è un ultimo ballo. Non è quello a cui gli Azzurri volevano essere invitati, ma è pur sempre importante perché ammette al podio di un Mondiale. 

La finale per il terzo e quarto posto vede l'Italia sfidare l'Inghilterra nel nuovo San Nicola di Bari. Schillaci vive una partita nella partita, perché deve staccare il bomber della Cecoslovacchia, Tomas Skuhravy, in testa alla classifica marcatori. L'occasione arriva a quattro minuti dal 90': gli Azzurri si conquistano un rigore e in teoria a batterlo dovrebbe essere Baggio. Il Divin Codino, però, cede volentieri l'esecuzione a Totò, che batte Shilton e diventa il bomber della manifestazione con sei gol. Tante, ma pur sempre nulla paragonate alla grandezza che ti dà un Mondiale e al ricordo di un'Italia benestante che si è rispecchiata negli occhi spiritati di un uomo venuto dal basso.

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